Contenzioso

Crisi aziendale, non basta la liquidazione e la perdita di appalti per il sequestro

di Roberta Di Vieto e Marco Di Liberto

Con tre recenti provvedimenti emessi dal Tribunale di Milano, Sezione Lavoro, la giurisprudenza si è nuovamente pronunciata in merito ai requisiti di ammissibilità dei provvedimenti cautelari richiesti a carico di aziende in crisi anche a causa dell'emergenza sanitaria da Covid-19.

I diversi casi recentemente affrontati dal Tribunale di Milano, Sezione Lavoro, hanno a oggetto più azioni cautelari, promosse ex articolo 671 del Codice di procedura civile dai lavoratori nei confronti della società datrice di lavoro e in stato di liquidazione, allo scopo di ottenere l'emissione di sequestri conservativi sui beni della società. Tali azioni sono state promosse nelle more dei giudizi di merito avviati dagli stessi lavoratori per ottenere il pagamento di asseriti crediti non corrisposti dall'azienda.

Ad avviso dei lavoratori, i sequestri cautelari richiesti erano fondati su più elementi, concorrenti tra loro: la società, posta in scioglimento e liquidazione nelle more dei giudizi di merito, aveva asseritamente perso tutti gli appalti in essere e non disponeva di beni mobili e immobili di valore sufficiente a garantire il soddisfacimento dei crediti vantati, pertanto non sussistevano garanzie patrimoniali sufficienti per il pagamento dei crediti eventualmente accertati all'esito dei giudizi di merito.

La società si costituiva nei giudizi cautelari eccependo l'insussistenza dei requisiti richiesti dalla legge ai fini dell'emissione dei sequestri cautelari richiesti, ossia del periculum in mora e del fumus boni iuris. Sotto il primo profilo, eccepiva in particolare che, per consolidata giurisprudenza (ex multis, Tribunale di Bari, sez. IV, 2/11/2009; Corte di cassazione 927/1996), l'apertura della procedura di liquidazione e scioglimento non solo non costituisce di per sé un elemento sufficiente a dimostrare l'assenza di garanzie patrimoniali lamentata dai lavoratori, ma rappresenta ex se una garanzia di corretto soddisfacimento dei debiti societari, anche in ragione della responsabilità personale che assume il liquidatore in tal senso ex articolo 2489 del Codice civile.

Inoltre, non risultava fornita dell'avvenuta cessazione di tutti gli appalti in essere, mentre la società aveva documentato la permanenza di alcuni importanti commesse, oltre che l'esistenza di cespiti aziendali e di conti correnti societari sui quali eventualmente soddisfarsi all'esito dei giudizi di merito. Né risultavano posti in essere dalla società atti di disposizione di beni o del patrimonio sociale che potessero far presumere l'assenza delle garanzie lamentate dai ricorrenti, requisito anch'esso ritenuto di centrale importanza dalla giurisprudenza (ex multis, Trib. Milano, ord. 18.3.2019, r.g. n. 7704/2019; Tribunale Torino 14.9.2013) ai fini della concessione del sequestro cautelare.

Nelle more dei giudizi cautelari, i lavoratori documentavano inoltre la sopravvenuta cessazione di ulteriori commesse della società resistente, e lamentavano che le spettanze di fine rapporto non fossero state corrisposte dalla resistente datrice di lavoro, bensì dalla società committente degli appalti forniti al datore di lavoro, circostanza che, ad avviso dei lavoratori, dimostrava l'impossibilità per la società di far fronte ai propri debiti.

I giudici cautelari respingevano le domande di sequestro con tre diversi provvedimenti, basati su motivazioni analoghe tra loro e riassumibili come segue: il mero stato di liquidazione della società risulta un elemento di per sé neutro, e non decisivo ai fini della sussistenza del periculum in mora, al pari della perdita di alcune commesse, che può essere giustificata anche da ragioni commerciali, non necessariamente collegate alle difficoltà economiche della società, oltre che in ragione dell'accertata esistenza di beni mobili e di conti correnti societari idonei a soddisfare i crediti vantati dai lavoratori.

Le pronunce in esame appaiono rilevanti sotto diversi profili; sotto il profilo giuridico, poiché aderiscono ai consolidati orientamenti della giurisprudenza in materia, sancendo, attraverso motivazioni condivisibili e analitiche, sia che lo stato di decozione aziendale non è sufficiente ai fini dell'emissione di provvedimenti cautelari, sia che le procedure liquidatorie sono preordinate proprio a garantire il soddisfacimento di crediti, o di aspettative di credito ancora sub judice, in assenza di atti depauperativi del patrimonio o di beni aziendali.

I provvedimenti cautelari risultano apprezzabili anche per l'iter processuale osservato nei casi in esame, nei quali, nonostante le norme processuali imponessero una cognizione necessariamente sommaria dei fatti di causa, i Giudici hanno compiuto un'attenta disamina dei fatti e dei documenti acquisiti, giungendo a conclusioni ben argomentate, basate su riscontri oggettivi, e pervenendo ad una uniformità di giudicati non così frequente.

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