Contenzioso

Prescrizione dei contributi Inps, efficacia interruttiva degli atti processuali

di Silvano Imbriaci

Ancora una pronuncia che affronta il tema, sempre spinoso, degli atti idonei a provocare effetti sui termini di prescrizione dei contributi e in generale del regime della prescrizione a fronte della contestazione giudiziale della pretesa Inps, anche se non lo risolve, dando semplicemente atto della presenza di orientamenti contrapposti (e devoluzione della questione alla Sezione Lavoro).

Con l'ordinanza n. 21154 del 2 ottobre, la Sez. VI della Corte di cassazione civile mette dunque in ordine una serie di questioni, tutte collegate dal comune denominatore della verifica degli effetti sulla prescrizione del compimento di atti processuali. Nel caso di specie era stata sollevata la questione dell'estinzione del credito contributivo emerso a seguito di attività ispettiva, e contestato in sede giudiziale, mediante ricorso avverso le conclusioni del verbale stesso. In particolare, il giudice di merito aveva ritenuto, sulla base di conforme orientamento della Cassazione (n. 12058 del 2014) che la richiesta del convenuto – in questo caso Inps - di mero rigetto della domanda attorea (nella specie, come si è detto, diretta all'accertamento negativo di un debito) non era idonea a svolgere efficacia interruttiva della prescrizione del diritto vantato nei confronti del debitore, in quanto funzionalmente volta a confutare la domanda avversaria e non a manifestare inequivocabilmente la volontà di far valere la pretesa creditoria o di mettere in mora il soggetto inadempiente. A fronte dell'ultimo atto interruttivo della prescrizione rappresentato dalla notifica dei verbali ispettivi oggetto di contestazione, il giudice di merito aveva dunque ritenuto ormai prescritto il credito (prescrizione quinquennale applicabile ai sensi della legge n. 335 del 1995, articolo 3, comma 9, lett. b), non avendo rilevanza la costituzione in giudizio dell'ente che si era limitato – come si è detto - a chiedere il rigetto della domanda. Il tema affrontato dalla Cassazione è la verifica circa la ricorrenza, nel caso di specie, dell'ipotesi contemplata dall'articolo 2943 del Codice civile e dall'articolo 2945 del Codice civile, circa l'efficacia interruttiva permanente dei termini prescrizionali in pendenza di giudizio e fino al passaggio in giudicato della sentenza che avrebbe definito tale giudizio, considerando la valenza interruttiva delle memorie difensive dell'Istituto. Sul punto, la Cassazione si affida al concetto giurisprudenziale di efficacia interruttiva della prescrizione, considerando che per avere tale efficacia un atto deve contenere, oltre alla chiara indicazione del soggetto obbligato, l'esplicitazione di una pretesa e l'intimazione o la richiesta scritta di adempimento, idonea a manifestare l'inequivocabile volontà del titolare del credito di far valere il proprio diritto, nei confronti del soggetto indicato, con l'effetto sostanziale di costituirlo in mora (Cass., n. 24656 del 2010; sez. 6 n. 16465 del 2017). Sotto questo profilo, la domanda di accertamento negativo dell'altrui credito naturalmente non è idonea a determinare la sospensione della prescrizione del diritto al conseguimento dei contributi, non potendosi interpretare estensivamente o applicarsi analogicamente le disposizioni previste dagli articoli 2941 e 2942 del Codice civile; ma non vi è neanche l'effetto interruttivo, in quanto non vi è esplicitazione di una pretesa e l'intimazione o la richiesta scritta di adempimento, idonea a manifestare l'inequivocabile volontà del titolare del credito di far valere il proprio diritto nei confronti del soggetto obbligato, con l'effetto sostanziale di costituirlo in mora (Cass. n. 9589 del 2018). Il problema si pone, tuttavia, per la difesa in giudizio dell'ente. Qui la giurisprudenza richiamata (sentenza n. 12058 del 2014) ha affermato che la richiesta di mero rigetto della domanda attorea – quando ad esempio l'ente non proponga a sua volta domanda riconvenzionale - non è idonea a svolgere efficacia interruttiva della prescrizione del diritto vantato nei confronti del debitore (difettando la volontà di far valere la pretesa creditoria o di mettere in mora il soggetto inadempiente). Tuttavia tale orientamento non sembra del tutto pacifico. Infatti di recente la Cass. n. 5369 del 2019, in punto di opposizione a ordinanza ingiunzione, ha precisato che la mera richiesta di rigetto proposta in giudizio dal creditore rispetto a un'azione di accertamento negativo introdotta dal presunto debitore ha effetto interruttivo della prescrizione, ai sensi dell'articolo 2943, comma 2, del Codice civile, con gli effetti permanenti di cui all'articolo 2945, comma 2, del Codice civile, (richiamando Cass. 19 settembre 2014, n. 19738; Cass. 29 marzo 2007, n. 7737, in tema di opposizione a precetto; Cass. 29 maggio 2013, n. 13438, in tema di resistenza rispetto ad un'impugnativa per revocazione; e in tema di opposizione a sanzione amministrativa, v. Cass. 23 gennaio 2018, n. 1550). L'incertezza giurisprudenziale (efficacia interruttiva della prescrizione da riconoscere al comportamento processuale del creditore convenuto in giudizio che si limiti a chiedere il rigetto della domanda del presunto debitore) spinge quindi la VI sezione a un supplemento di riflessione, con trasmissione del procedimento alla Sezione Quarta Lavoro per un ulteriore approfondimento.

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