Adempimenti

Appaltante e utilizzatore coinvolti dalla diffida

di Stefano Rossi

Ha debuttato il 15 settembre la nuova procedura per la diffida accertativa per crediti patrimoniali del lavoratore, introdotta dalla legge di conversione del Dl 76/2020 (Dl semplificazioni).

Il provvedimento, pubblicato sulla Gazzetta ufficiale 228 del 14 settembre, ha previsto diverse novità sui controlli di lavoro nelle aziende: in particolare, l’articolo 12-bis ha modificato gli articoli 12 e 14 del Dlgs 124/2004, sulla diffida accertativa e sui poteri di disposizione degli ispettori. Su queste novità è intervenuto poi l’Ispettorato nazionale del lavoro, offrendo i chiarimenti operativi, con le circolari 5 e 6, rispettivamente del 30 settembre e del 5 ottobre.

L’ampliamento della diffida
La diffida - il provvedimento che viene emesso dagli ispettori nei confronti del datore di lavoro quando dalla vigilanza emergono inosservanze alla disciplina contrattuale, da cui scaturiscono crediti patrimoniali in favore dei prestatori di lavoro - si estende nei confronti dei soggetti che utilizzano la prestazione di lavoro, quindi, ai casi di appalto e somministrazione di manodopera.

L’Ispettorato del lavoro, con la circolare 6/2020, ha ricordato che, in caso di somministrazione, le retribuzioni andranno calcolate sul Ccnl dell’utilizzatore, a parità di mansioni svolte e di livello di inquadramento (circolare del ministero del Lavoro 1/2013). Inoltre, la notifica del provvedimento prescinde da un eventuale accertamento ispettivo sulla liceità della fattispecie di esternalizzazione.

In realtà, con la precedente circolare 10/2018, l’Ispettorato aveva affermato che, in assenza della costituzione del rapporto di lavoro con l’utilizzatore, il provvedimento di diffida doveva essere adottato esclusivamente nei confronti dello pseudo-appaltatore.

L’esecutività immediata
Un’altra novità di rilievo è l’immediata esecutività del provvedimento, dopo il tentativo di conciliazione o il ricorso: è eliminato, quindi, il decreto di convalida del direttore di struttura. Il datore di lavoro e l’obbligato in solido, quindi, entro 30 giorni dalla notifica, potranno richiedere il tentativo di conciliazione. La convocazione sarà notificata anche al soggetto obbligato che non ne abbia fatto richiesta.

In caso di accordo siglato soltanto da uno dei soggetti obbligati, la diffida perderà efficacia soltanto nei suoi confronti; mentre acquisterà valore di titolo esecutivo nei confronti della parte che non abbia aderito all’accordo di conciliazione. Il lavoratore, perciò, potrà rendere esecutivo l’accordo con decreto del giudice competente, o potrà mettere in esecuzione la diffida accertativa nei confronti della parte che non abbia aderito alla conciliazione.

Ricorsi e conciliazione
Entro 30 giorni dalla notifica, il datore di lavoro, ma anche l’obbligato in solido, potrà promuovere ricorso al direttore dell’ufficio che ha adottato l’atto e non più al Comitato per i rapporti di lavoro. Il ricorso, notificato dal datore di lavoro anche al lavoratore, sospende l’esecutività della diffida ed è deciso nel termine di 60 giorni dalla presentazione e non più nel termine di 90 giorni concessi al Comitato.

Scompare anche il silenzio-rigetto: entro 60 giorni il direttore di struttura dovrà pronunciarsi, altrimenti il provvedimento perderà efficacia.

L’Ispettorato nazionale, con la nota 811/2020, ha fornito chiarimenti sull’esito del ricorso. In caso di accoglimento, la diffida non potrà acquistare efficacia di titolo esecutivo nei confronti di alcuno degli obbligati, salvo nell’ipotesi in cui i motivi di doglianza indicati nel ricorso siano riferibili esclusivamente a una delle parti obbligate. In caso di rigetto, la diffida acquista valore di titolo esecutivo e l’ufficio dovrà notificare l’esito al ricorrente e al lavoratore.

Un’altra possibilità è l’accoglimento parziale del ricorso, che comporterà la rideterminazione di una o più voci del credito contenute nell’atto di diffida. L’atto di ridetermina, notificato dal personale ispettivo a tutte le parti, è immediatamente esecutivo poiché gli obbligati non potranno esperire né il tentativo di conciliazione né il ricorso amministrativo.

La conciliazione e il ricorso sono rimedi alternativi, pertanto se i soggetti obbligati sono due, datore di lavoro e obbligato in solido, appare possibile che gli stessi attivino, entro 30 giorni, l’uno istanza di conciliazione e l’altro ricorso. In questi casi – specifica la nota – sarà preferibile dare corso, in via prioritaria, al tentativo di conciliazione e, una volta definita la conciliazione, si dovrà decidere il ricorso entro 60 giorni dalla presentazione. Il carico degli uffici e l’attuale situazione d’emergenza potrebbero, però, far superare il termine per decidere, con un eventuale danno del lavoratore coinvolto.
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