Contenzioso

Indennità sostitutiva ferie non godute soggetta a contribuzione dopo 18 mesi dalla maturazione

di Salvatore Servidio

La Corte di cassazione afferma che in materia previdenziale costituisce base contributiva imponibile l'importo corrispondente all'indennità per ferie non godute nell'ipotesi in cui sia decorso il termine previsto dall'articolo 10 del Dlgs n. 66/2003 (18 mesi), a prescindere dalla cessazione del rapporto di lavoro.
La vicenda
Nella vertenza oggetto della sentenza 17 novembre 2020, n. 26160, della Corte di cassazione, la Corte d'appello ha accolto l'impugnazione di una società avverso la sentenza di primo grado di rigetto del ricorso in opposizione a verbale ispettivo con il quale l'Inps aveva domandato il pagamento della contribuzione relativa agli importi dovuti a titolo di indennità sostitutiva delle ferie che 13 dipendenti non avevano goduto entro i 18 mesi dalla relativa maturazione, come indicato dall'articolo 10 del Dlgs n. 66/2003, dell'assoluta irrinunciabilità del periodo feriale di 4 settimane per anno, cui consegue il divieto di monetizzazione del loro mancato godimento.
Poiché il rapporto di lavoro dei prestatori era ancora in corso, la Corte di merito ne aveva desunto l'astratta inconfigurabilità di un emolumento a cui poter ricollegare l'obbligo contributivo, accogliendo così l'impugnazione proposta dal datore di lavoro
Di qui il ricorso per Cassazione dell'Inps, secondo cui l'obbligo sussiste a prescindere dall'effettiva erogazione dell'importo maturato a causa dell'inadempimento del datore di lavoro, in quanto prestazione resa in violazione di leggi a tutela del lavoratore.
Diritto alle ferie
Si rammenta in premessa che, in virtù dell'articolo 10 del Dlgs n. 66/2003, il prestatore di lavoro ha diritto a un periodo annuale di ferie retribuite non inferiore a quattro settimane, da fruire per almeno due settimane (consecutive in caso di richiesta del lavoratore) entro il 31 dicembre dell'anno di maturazione e per le restanti due settimane nei 18 mesi successivi al termine di tale anno. La norma pone, inoltre, in capo al datore di lavoro il divieto di monetizzazione delle ferie non godute dal lavoratore prima della cessazione del rapporto di lavoro.
La decisione
Nel decidere la vertenza, con la sentenza n. 26160/2020, la Cassazione ha accolto il ricorso dell'Inps, affermando che in materia previdenziale costituisce base contributiva imponibile l'importo corrispondente alla indennità per ferie non godute nell'ipotesi in cui sia decorso il termine previsto dall'articolo 10 del Dlgs n. 66 del 2003, a prescindere dalla cessazione del rapporto di lavoro.
Nel merito, la Corte di legittimità ha rilevato che la questione di cui si discute attiene all'assoggettabilità a contribuzione previdenziale dell'importo corrispondente all'indennità per ferie non godute dal lavoratore, anche se non corrisposta, allorché siano decorsi i diciotto mesi successivi al momento di maturazione delle ferie e il rapporto di lavoro non sia cessato.
Ciò posto, si evidenzia che l'assoggettabilità a contribuzione previdenziale ai sensi dell'articolo 12 della legge n. 153/1969 (disposizione che fornisce i criteri per determinare il reddito da lavoro dipendente ai fini contributivi) dell'indennità sostitutiva delle ferie non godute, corrisposta al lavoratore dopo la cessazione del rapporto di lavoro, era già stata affermata dalla Cassazione, che ne aveva evidenziato la natura retributiva con conseguente applicabilità della tutela posta dall'articolo 2126 del Codice civile a favore delle prestazioni effettuate in violazione di norme poste a tutela del lavoratore (cfr. Cass. n. 1057/2012; n. 13473/2018).
La Sezione lavoro, con la pronuncia in esame, è quindi partita dall'esegesi dell'articolo 12, chiarendo in primo luogo che il rapporto previdenziale è autonomo rispetto al rapporto che intercorre tra datore di lavoro e lavoratore ed è sottratto all'autonomia privata, avendo come unica fonte la legge. Da ciò deriva la natura inderogabile e indisponibile del credito contributivo che, in applicazione del medesimo articolo 12 della legge n. 153/1969, viene calcolato sulla base della retribuzione che il lavoratore ha diritto a percepire per legge o per contratto individuale o collettivo e non su quella di fatto allo stesso corrisposta.
Da tale autonomia deriva che la prestazione lavorativa resa in un periodo da destinare al riposo incide sugli oneri di finanziamento del sistema previdenziale posti a carico dell'impresa e integra il presupposto dell'obbligo contributivo richiesto dall'articolo 12 della legge n. 153/1969, restando irrilevanti le vicende del rapporto di lavoro. A tal fine non rileva, dunque, che l'indennità sostitutiva possa essere materialmente erogata al lavoratore solo dopo la cessazione del rapporto stesso.
L'imposizione dell'obbligo contributivo anche in costanza di rapporto, una volta decorsi i 18 mesi stabiliti dall'articolo 10 del Dlgs n. 66/2003, secondo la Corte di cassazione elimina inoltre ogni vantaggio contributivo collegato alla prestazione resa in violazione del diritto del lavoratore alla fruizione delle ferie e ha come effetto quello di contrastare tale illegittima prassi.
In ogni caso, l'eventuale effettiva fruizione delle ferie dopo tale termine potrebbe comportare il diritto del datore di lavoro al recupero di quanto versato a titolo di contributi in relazione all'indennità sostitutiva in argomento.

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