Contenzioso

Attività giornalistica, la Cassazione ritorna sui suoi contenuti

di Flavia Maria Cannizzo

La Cassazione (ordinanza n. 26596/2020) torna a descrivere i contenuti dell'attività giornalistica, così come dalla stessa giurisprudenza di legittimità elaborati nel tempo.
Come noto, la professione giornalistica e la correlata materia dell'iscrizione all'Albo nei relativi elenchi di giornalisti e pubblicisti (Titolo II, Legge 3 febbraio 1963 n. 69) sono stati il focus di svariata giurisprudenza degli ultimi anni.
Nella recente pronuncia a Sezioni Unite del 28 gennaio di quest'anno, da ultimo, la Cassazione aveva approfondito la materia enunciando definitivamente il seguente principio di diritto: «In tema di rapporto di lavoro giornalistico, l'attività del collaboratore fisso espletata con continuità, vincolo di dipendenza e responsabilità di un servizio rientra nel concetto di professione giornalistica, statuendo definitivamente che, ai fini della legittimità dell'esercizio della professione, sia condizione necessaria e sufficiente la iscrizione del collaboratore fisso nell'albo dei giornalisti, sia esso elenco dei pubblicisti o dei giornalisti professionisti. Ha sancito così, che nessuna nullità sia predicabile per l'eventuale contratto di lavoro subordinato del collaboratore fisso che sia iscritto nell'elenco dei pubblicisti, e ciò anche nel caso in cui svolga l'attività giornalistica in modo esclusivo.
La pronuncia in esame oggi assume caratteri di rilevanza nella misura in cui, nel giusto equilibrio fra sintesi e analisi, si sofferma a elencare tassonomicamente i contenuti essenziali della professione giornalistica in un caso che prende le mosse, come in molti analoghi, dal ricorso di un giornalista volto al riconoscimento di rapporto di lavoro giornalistico alle dipendenze della Rai.
La Cassazione chiarisce, innanzitutto, di essere stata chiamata a dirimere numerose controversie tra editori e giornalisti e di essersi trovata a svolgere una vera e propria attività di elaborazione del contenuto dell'attività professionale, in virtù della evidente lacuna legislativa sul punto, che – chiarisce – è voluta, e risponde alla volontà legislativa di applicare il sistema di tutela normativa «a qualsiasi forma qualificata del pensiero svolgentesi non solo attraverso lo scritto (stampa) o la parola (servizi giornalistici della radio o della televisione) ma anche attraverso immagini» idonee ad assolvere la medesima funzione informativa.
Volutamente il Legislatore ha privilegiato una nozione elastica di giornalismo, quindi, che possa essere facilmente adeguata alla rapida evoluzione della professione e al cambiamento dello stesso modo di intendere, realizzare e leggere un giornale e l'informazione.
Così i giudici di legittimità affermano che si ha attività giornalistica, innanzitutto, quando in essa sia rinvenibile l'elemento della "creatività", intesa come attività di mediazione intellettuale tra il fatto e la diffusione della conoscenza di esso.
È giornalista, inoltre, colui che valuta la rilevanza degli eventi in relazione ai destinatari e ne confeziona l'informazione con proprio apporto soggettivo e creativo.
Non solo. Il giornalista è colui che effettua la «raccolta, selezione, elaborazione, presentazione e commento delle notizie con autonomia» (oltre che con creatività, come detto). E l'informazione che ne deriva deve essere «critica, destinata alla generalità dei cittadini ovvero ad un numero indeterminato di essi» attraverso giornali, agenzie di stampa, emittenti radio-televisive ecc.
In ultimo, assumono rilievo dirimente anche «continuità o periodicità del servizio», nonché «l'attualità delle notizie e la tempestività dell'informazione«.
Nel caso di specie, il ricorso viene rigettato; ciononostante, nella chiara motivazione, i giudici forniscono, una perfetta sintesi degli indici–guida della materia per gli operatori del settore e per gli interpreti giurisdizionali.

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