Contenzioso

Distacchi, regole Ue applicabili anche al trasporto su strada

di Angelo Zambelli

La Grande Chambre della Corte di Giustizia – che solitamente si riunisce quando una questione riveste una particolare complessità o importanza – si è pronunciata lo scorso 1°dicembre non solo fugando ogni dubbio circa l'applicabilità al settore del trasporto su strada della Direttiva 96/71 in tema di distacco transnazionale dei lavoratori, ma altresì fornendo un'interpretazione autentica della nozione di lavoratore distaccato ai sensi della medesima direttiva, così garantendo anche agli autisti, a determinate condizioni, le tutele di miglior favore dello Stato membro ove prestino in concreto la propria attività.
La pronuncia risulta di particolare interesse se si considera l'attuale contesto storico-economico, caratterizzato da una sempre maggiore circolazione dei lavoratori al di fuori dei limiti statali, cui spesso conseguono dinamiche di dumping sociale a discapito di questi ultimi.

Il caso, sottoposto al vaglio della Corte di giustizia con ricorso pregiudiziale dalla Suprema corte dei Paesi Bassi, riguardava l'applicabilità agli autisti di due società operative, dislocate rispettivamente in Germania e in Ungheria, delle tutele accordate ai lavoratori della capogruppo, con sede nei Paesi Bassi, dal «Ccl Trasporto merci» olandese, in applicazione delle disposizioni sul distacco dei lavoratori di cui alla Direttiva 96/71.Tra le due società e la casa madre erano in essere contratti di noleggio che vedevano i rispettivi lavoratori impegnati in trasporti di cabotaggio (ossia, così come definiti dal Regce 1072/2009, i trasporti nazionali di merci su strada effettuati conto terzi, a titolo temporaneo, in uno Stato membro ospitante) da e verso Erp (nei Paesi Bassi), anche se la maggior parte dei trasporti avvenivano al di fuori dei Paesi Bassi. Nell'occasione, la Suprema corte nederlandese sottoponeva ulteriori quesiti tra i quali, il più rilevante, di indagine su «quali siano le condizioni affinché un lavoratore che svolge un'attività di autista nel settore del trasporto internazionale su strada, […] sia considerato un lavoratore distaccato, nel territorio di uno Stato membro[…]».

La Curia, richiamata la definizione di lavoratore distaccato contenuta nella Direttiva («il lavoratore che, per un periodo limitato, svolge il proprio lavoro nel territorio di uno Stato membro diverso da quello nel cui territorio lavora abitualmente»), ne fornisce i criteri di perimetrazione specificando che il prestatore può considerarsi distaccato «qualora lo svolgimento del suo lavoro presenti, durante il limitato periodo in questione, un legame sufficiente con il territorio» e che «l'esistenza di un simile legame è determinata nell'ambito di una valutazione globale di elementi quali la natura delle attività svolte dal lavoratore interessato in detto territorio, il grado di intensità del legame delle attività di tale lavoratore con il territorio di ciascuno Stato membro nel quale egli opera, nonché la parte che dette attività vi rappresentano nell'insieme del servizio di trasporto». Quanto all'analisi delle attività, la Corte, soffermandosi sulla peculiarità del servizio di trasporto, caratterizzato dalla spiccata mobilità dei lavoratori, aggiunge che rilevano attività perimetrali quali carico e scarico merci e manutenzione e pulizia del mezzo, ove siano svolte dall'autista e non da terzi, mentre esclude che un legame sufficiente con lo Stato membro di destinazione sussista allorquando l'autista si limiti a transitare nel territorio di tale Stato membro.

Per l'analisi circa la qualificazione di lavoratore distaccato non rilevano invece né l'esistenza di un vincolo di gruppo tra le imprese, né il fatto che il lavoratore riceva istruzioni inerenti alle sue missioni o che inizi e concluda le stesse presso la sede dell'impresa di altro Stato membro, non essendo tali fattori di per sé sufficienti per ritenere che egli sia stato ivi distaccato, se lo svolgimento del suo lavoro non presenta, sulla base di altri fattori, un legame sufficiente col territorio. La cristallizzazione operata dalla Corte della definizione di lavoratore distaccato risulta particolarmente significativa poiché è da tale presupposto che discende l'applicabilità delle altre disposizioni della Direttiva e in particolare dell'articolo 3 che garantisce al lavoratore distaccato le medesime condizioni di lavoro applicate nello Stato membro in cui opera relativamente ai principali istituti quali orario massimo di lavoro, minimo di riposo, retribuzioni, sicurezza, salute e igiene sul lavoro, congedi, eccetera, in tal modo evitando o quantomeno scoraggiando il verificarsi del richiamato dumping sociale che la Direttiva vuole contrastare.

La sentenza C-815/18 della Corte Ue (Grande sezione)

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