Contenzioso

La concezione patrimonialistica del lavoratore va superata

di Valeria Zeppilli

Che portata ha l'articolo 2087 del codice civile? Cosa impone al datore di lavoro il rispetto di tale norma? Nel dare una risposta a tali quesiti, la Corte di cassazione (sezione lavoro, 4 dicembre 2020, n. 27913) si è soffermata a fare delle riflessioni fondamentali sul cambiamento della concezione del lavoro e del lavoratore, che dovrebbe essere ormai consolidato nel nostro ordinamento giuridico ma che, nonostante ciò, merita ancora e sempre di essere rimarcato.
Il concetto fondamentale alla base della riflessione dei giudici è che la rappresentazione patrimonialistica dell'individuo-lavoratore non può che recedere di fronte alla concezione dello stesso fondata "sullo svolgimento della persona, sul rispetto di essa, sulla sua dignità, sicurezza e salute", tutti elementi che devono essere valorizzati anche nel luogo di lavoro.
Del resto, è da quando è stata emanata la nostra Costituzione che l'ordinamento ripudia l'idea che l'ideale produttivistico sia l'unico criterio al quale l'agire privato debba essere improntato. In tal senso, basti considerare che la stessa attività produttiva, manifestazione dell'iniziativa economica privata la cui libertà è stata consacrata dall'articolo 41 della Carta costituzionale, è subordinata dal medesimo articolo all'utilità sociale, da intendersi non solo come benessere economico e materiale, quanto come "pieno e libero sviluppo della persona umana e dei connessi valori di sicurezza, di libertà e dignità".
Anche in ragione di ciò, e come ormai da decenni ritenuto dalla giurisprudenza di legittimità, l'articolo 2087 del codice civile deve essere interpretato in maniera estensiva, ovverosia nel senso di non limitarsi a imporre al datore di lavoro l'adozione o il mantenimento di misure igienico-sanitarie o antinfortunistiche.
Più precisamente, deve ritenersi che tale disposizione prescriva di preservare il lavoratore anche in relazione a eventi che non sono collegati direttamente alla prestazione lavorativa e ciò in ragione di tre principi basilari.
Il primo coincide con la tutela del diritto alla salute, che trova il suo fondamento nell'articolo 32 della Costituzione; il secondo è il principio di correttezza e buona fede nel rapporto obbligatorio, sancito dagli articoli 1175 e 1375 del codice civile; il terzo è il principio di neminem laedere, la cui violazione può ben concretarsi anche in un comportamento omissivo del responsabile, che non interviene pur essendo consapevole del pericolo cui è esposto l'altrui diritto.

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