Contenzioso

Trasferimento del lavoratore che assiste un familiare disabile: il punto della Cassazione

di Valeria Zeppilli

La Corte di cassazione (sezione lavoro, 17 dicembre 2020, n. 29009) ha fatto il punto sulla disciplina applicabile al trasferimento del lavoratore che assiste un familiare disabile, partendo dalla riflessione che, nella cura e nell'assistenza dei soggetti portatori di handicap, la famiglia ricopre un ruolo fondamentale, se si considera che la tutela dei soggetti deboli, per poter essere considerata piena, non può limitarsi alle prestazioni sanitarie e di riabilitazione, ma richiede la continuità delle relazioni costitutive della personalità umana.
Ciò, a livello pratico, si traduce per i giudici nella necessità che il contratto di lavoro dei familiari conviventi con la persona tutelata, anche a prescindere dalla fruizione dei benefici di cui alla legge 104, sia adeguatamente regolato. In tal senso, ad esempio, con una pronuncia di qualche anno fa (richiamata nella recente sentenza) la Corte di cassazione ha ritenuto vietato il trasferimento di un lavoratore che assiste un disabile, anche se il grado di disabilità di quest'ultimo non si configuri come grave e purché il datore di lavoro non provi, dal canto suo, la sussistenza di esigenze aziendali effettive e urgenti, che non possano essere soddisfatte in maniera diversa.
In coerenza con tale orientamento, i giudici hanno ritenuto anche che, sebbene la disciplina sul trasferimento presupponga che la condizione di disabilità sia accertata dalla ASL competente ai sensi dell'articolo 4 della legge 104/1992, tale circostanza non debba ritenersi ostativa rispetto al fatto che, nel caso di specie, tale requisito non sia presente.
Per la Corte di cassazione, quindi, l'esigenza di tutela del disabile deve essere valorizzata "al di là di ogni condizionamento derivante dal mancato accertamento di uno status o da preclusioni collegate all'inesistenza di un provvedimento formale che confermi la ricorrenza della situazione di fatto che conferisce fondamento al diritto del familiare che presta assistenza al disabile".
Di conseguenza, l'insorgenza di determinati benefici in capo al lavoratore che assiste un familiare disabile, tra cui quello a non essere trasferito senza il suo consenso, va ancorata quanto meno alla presentazione della domanda intesa a ottenere i benefici di cui alla legge 104 del 1992, mentre non è importante che sia già stato emanato il provvedimento concessorio da parte dell'Inps.
A tale proposito, i giudici hanno anche precisato che il diritto del familiare lavoratore a non essere trasferito ad altra sede senza il suo consenso non può essere limitato in caso di mobilità connesse a esigenze tecnico-produttive ordinarie del datore di lavoro, sia esso pubblico o privato.

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