Contenzioso

Cigd Covid ai lavoratori iscritti ex Inpdap

di Giampiero Falasca

La cassa integrazione in deroga prevista per fronteggiare l'emergenza da Covid-19 va concessa a tutti i dipendenti di imprese che non accedono ad altri strumenti di integrazione salariale, quale che sia la ragione giuridica che impedisce loro l'accesso al sistema di integrazione salariale ordinaria; anche le fondazioni private rientrano in questa nozione, a prescindere dal loro inquadramento previdenziale. Con l'affermazione di questo importante principio il Tribunale di Venezia (decisione del 7 gennaio) ha accolto il ricorso d'urgenza promossa da una fondazione privata onlus con personalità giuridica contro l'Inps.

Tale fondazione ha richiesto d'urgenza l'ammissione alla Cig Covid-19 introdotta dall'articolo 22del Dl 18/2020 (e poi oggetto di successive proroghe) lamentando di essere stata esclusa dall'accesso a tale ammortizzatore, già a monte, per via della mancanza di una procedura informatica che consentisse di presentare la domanda da parte di soggetti della sua natura.Per tentare di superare tale carenza informatica, la fondazione ha comunque avanzato direttamente all'Inps la richiesta di integrazione salariale, ma si è vista rispondere via Pec che non ha diritto a presentare la domanda in quanto sotto il profilo previdenziale risulta essere un ente iscritto alla gestione pubblica (ex Inpdap).

La fondazione ha agito in giudizio contro questa decisione, rilevando di avere i requisiti previsti dalla normativa vigente, ovvero la natura di datore di lavoro privato e l'impossibilità di accedere a qualsiasi altro strumento di integrazione salariale. L'Inps ha ribadito in giudizio la propria posizione appellandosi allo status previdenziale della fondazione, che in quanto ente iscritto alla gestione pubblica non avrebbe diritto di accedere alla cassa in deroga.

Il Tribunale ha rilevato la pacifica natura privatistica del soggetto ricorrente, costituito come fondazione privata onlus con personalità giuridica. A fronte di tale natura, è irrilevante, sotto il profilo previdenziale e pensionistico, il fatto che la fondazione non versi contribuzione per la Cig o altri ammortizzatori sociali, né alcuna contribuzione minore, non essendo previste le correlate prestazioni nella gestione di appartenenza.

Il Tribunale rileva, inoltre, che il fatto che l'ente sia sprovvisto di matricola Inps non è di per sé dirimente: ciò che conta è se l'accesso all'ammortizzatore in deroga spetti o meno. Spettanza che, per il giudice non si può mettere in discussione, in quanto la ratio della normativa speciale è garantire tutele omogenee tra i diversi settori fornendo sostegno alle attività che, diversamente, subirebbero gli effetti negativi della pandemia senza alcun supporto. In tale ottica destinatari della cassa in deroga sono, secondo la decisione, tutti i datori di lavoro privati non coperti dalle tutele ordinarie.

Questo criterio costituisce l'unico parametro da utilizzare per verificare se un datore di lavoro ha diritto a richiedere l'ammortizzatore in deroga per i propri dipendenti. Un criterio – molto fedele al dettato normativo – che potrebbe essere utilizzato da tutte quelle imprese che si sono viste negare l'accesso alla cassa in deroga pur rientrando nella vasta platea di quei soggetti che non hanno accesso a nessun altro ammortizzatore.

Il Tribunale riconosce, infine, l'ammissibilità alla procedura d'urgenza, non tanto perché la mancata ammissione all'ammortizzatore possa generare un pregiudizio economico alla fondazione (i percettori dell'ammortizzatore sono i dipendenti) quanto perché il mancato riconoscimento del trattamento precluderebbe la possibilità di accedere alle ulteriori settimane di proroga previste dalla normativa emergenziale.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©