Contenzioso

Juventus-Napoli, Asl e Ministero prevalgono sui protocolli federali

di Roberta Di Vieto e Marco Di Liberto

L'ormai noto caso Juventus-Napoli si arricchisce di un definitivo capitolo, rappresentato dalla decisione emessa il 22 dicembre 2020 dal Collegio di garanzia dello sport del Coni, a sezioni unite, le cui motivazioni sono state pubblicate il 7 gennaio 2021.

Con tale decisione il Coni ha accolto il ricorso promosso dal Napoli avverso la sentenza emessa dalla Corte sportiva d'appello, annullando senza rinvio la decisione d'appello, che aveva sanzionato il club partenopeo con la perdita della partita per 3 a 0 e con la penalizzazione di un punto in classifica.

Con una decisione tanto articolata quanto condivisibile, e annunciata da alcuni commentatori giuridici, il Coni ha cassato la sentenza di appello, annullando il punto di penalizzazione posto a carico del Napoli, e disponendo che la partita sia finalmente giocata.

La sentenza emessa risulta particolarmente apprezzabile in punto di diritto, poiché argomenta in maniera articolata e condivisibile molteplici profili di diritto processuale sportivo, oltre a basarsi su importanti principi giuslavoristici.

In primo luogo, il Collegio di garanzia ha ritenuto che i provvedimenti emessi dalle autorità sanitarie locali, prima della data in cui avrebbe dovuto disputarsi la partita, ossia le comunicazioni delle Asl del 2 e del 3 ottobre 2020, apparivano già oggettivamente ostativi alla trasferta a Torino da parte del Napoli, configurando, secondo l’articolo 55 delle Noif, un caso di forza maggiore.

Infatti, il Collegio ha evidenziato che tali provvedimenti, che prevedevano l'isolamento fiduciario del gruppo squadra e la quarantena dei giocatori a causa della riscontrata positività al Covid-19 di due atleti del Napoli, rappresentavano un "factum principis", causa di forza maggiore e motivo di impossibilità sopravvenuta della prestazione sportiva, che non consentivano alla società partenopea di recarsi in trasferta per disputare la gara.

Il Collegio ha poi ritenuto non corretta l'interpretazione data dalla Corte sportiva d'appello ai fatti, poiché ha ricordato che tra le fonti applicabili al caso di specie vi è anche la circolare del ministero della Salute 21463 del 18 giugno 2020, che prevede specifiche modalità con cui attuare la quarantena dei contatti stretti dei soggetti risultati positivi al Covid-19, prevalendo sulle disposizioni di cui al protocollo Figc del 28 settembre 2020 in materia.

Sulla scorta di tali rilievi, il Coni ha ritenuto conforme al principio di correttezza, sia giuridica che sportiva, il comportamento tenuto dal Napoli, sia poiché attuativo delle due note emesse dalle Asl, sia poiché conforme alle disposizioni della circolare ministeriale. Inoltre, il Collegio ha significativamente rilevato che, contrariamente a quanto ritenuto dal Giudice di appello, il club partenopeo non si è affatto precostituito alcuna ragione per non recarsi in trasferta a Torino, poiché ha chiesto e ottenuto dalle autorità sanitarie locali i chiarimenti sanitari necessari prima di prendere atto dell'impossibilità di effettuare la trasferta.

Sotto altro profilo, merita attenzione il richiamo operato dal Collegio alla gerarchia delle fonti poste a tutela dei lavoratori sportivi dal rischio di contagio dal Covid-19: il Coni ha evidenziato che le norme citate nella circolare del ministero della Salute costituiscono fonti di rango superiore rispetto ai protocolli federali, prevalendo su questi ultimi qualora assicurino un livello di tutela maggiore.

A tale riguardo è utile ricordare che, in base all'articolo 2087 del codice civile - che impone al datore di lavoro di adottare tutte le misure atte a preservare l'integrità psicofisica e la salute dei lavoratori - anche le società sportive professionistiche devono predisporre tutti i presidi previsti dalle norme tecniche di settore ai fini della tutela della salute dei giocatori dal rischio Covid-19. Tra le fonti di settore che impongono misure particolarmente tutelanti dal rischio Covid-19, il Collegio ha citato l'articolo 1, comma settimo, del Dl 33/2020, il rapporto dell'Iss 53 del 25 giugno 2020, oltre che le ulteriori previsioni citate nella suddetta circolare ministeriale.

Infine, è importante sottolineare altresì che il Collegio ha deciso il caso anche in base al principio di correttezza e buona fede, che ha rilevanza centrale nel diritto del lavoro, e che risulta essenziale nella valutazione della condotta del datore di lavoro: infatti, il Coni ha ricordato che, quando la prestazione lavorativa sportiva è resa impossibile da provvedimenti delle autorità sanitarie, appare corretto e privo di qualsiasi connotazione dolosa il comportamento della parte che si limita a prendere atto di tale circostanza.

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