Contenzioso

Licenziamento economico nullo durante il Covid

di Giampiero Falasca

Il licenziamento intimato per asserita cessazione dell’attività aziendale durante il divieto di recesso per motivi economici (introdotto dal decreto cura Italia e prorogato più volte) è affetto da nullità per violazione dell’articolo 1418 del Codice civile e va sanzionato con la reintegrazione sul posto di lavoro, oltre al risarcimento del danno, secondo quanto previsto dall’articolo 18, comma 1, dello Statuto dei lavoratori e dall’articolo 2 del decreto legislativo 23/2015.

Con questa decisione, molto importante considerata la novità della materia, il Tribunale di Mantova (sentenza 112/2020) ha dato applicazione alle regole che, per gestire gli effetti occupazionali della pandemia, hanno sancito il divieto di licenziamenti individuali e collettivi per motivi economici.

Nel caso esaminato, un’azienda, dopo aver collocato una dipendente in cassa integrazione e dopo averle fatto esaurire il periodo di ferie accumulate, l’ha licenziata sostenendo che veniva chiusa la sede operativa cui era adibita, oltre a essere in via di chiusura l’intera azienda.

Il Tribunale ha annullato il recesso, partendo da una considerazione: il divieto di licenziamento è una forma di tutela temporanea della stabilità dei rapporti di lavoro finalizzata a salvaguardare la stabilità del sistema economico, collegata a esigenze di ordine pubblico.

Per via di questo carattere imperativo e di ordine pubblico della norma, la violazione del divieto ha una conseguenza importante: il licenziamento è nullo e va sanzionato con la tutela prevista dall’articolo 18 comma 1 dello Statuto e confermata dall’articolo 2 del Dlgs 23/2015.

Tutela che si concretizza nella reintegrazione sul posto di lavoro e in un risarcimento del danno pari all’importo totale delle retribuzioni che sarebbero state percepite dal giorno del licenziamento a quello dell’effettiva reintegrazione, oltre al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali per il medesimo periodo (ferma restando la facoltà per la persona reintegrata di optare per l’indennità sostitutiva delle reintegra).

Il Tribunale, pur non essendo necessario ai fini della decisione, ricorda anche che l’onere della prova in merito alla sussistenza del giustificato motivo oggettivo deve essere assolto dal datore di lavoro, al pari della dimostrazione dell’impossibilità di ricollocare il dipendente in altra posizione lavorativa. Questa considerazione potrebbe risultare importante in altri futuri contenziosi: nel periodo successivo alla data in cui si è svolta la vicenda esaminata dal Tribunale (precisamente, dal decreto agosto in poi) il legislatore ha riconosciuto in alcuni casi eccezionali, tra i quali la chiusura dell’attività aziendale, la possibilità di licenziamento, fissando tuttavia alcuni requisiti oggettivi.

La sentenza ricorda che l’esistenza di questi requisiti deve essere comunque provata dal datore di lavoro.

Il Tribunale afferma, infine, l’applicabilità del divieto di recesso per motivi economici ai rapporti di apprendistato, precisando che i recessi intimati per giustificato motivo oggettivo in violazione del divieto generale di licenziamento sono assoggettati alla stessa regola applicabile ai rapporti ordinari.

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