Contenzioso

No al licenziamento per la falsa malattia

di Enzo De Fusco

Il datore di lavoro non può licenziare una lavoratrice che dichiara deliberatamente di prendersi giorni di malattia per assistere la madre anziché utilizzare le ferie o i permessi. Il giudice, pur prendendo atto del comportamento scorretto della stessa, ha ritenuto il licenziamento sproporzionato rispetto alla condotta.

È questa la conclusione cui perviene il Tribunale di Prato, che con una ordinanza pubblicata nei giorni scorsi ha condannato il datore all'indennizzo economico.

Questi i fatti accertati. Una lavoratrice informava il proprio responsabile che sua madre aveva dei seri problemi di salute e che per tale ragione si sarebbe dovuta assentare dal lavoro sia nei giorni interessati dalle visite mediche, sia nel periodo di ospedalizzazione.

L'azienda, ha da subito fornito piena disponibilità ad accettare ogni sua richiesta di ferie o permesso. La dipendente, invece, nel giorno dell'assenza, scrive un messaggio whatsapp al responsabile in cui lo informa di essere appena uscito dalla visita medica di sua madre e che gli avrebbe inviato il numero di protocollo del certificato medico come giustificativo di assenza per quella giornata, nonostante la sera precedente l'azienda avesse accordato un permesso. Successivamente la lavoratrice si assentava per un ulteriore settimana sempre per assistere la madre, palesando ai diretti superiori che, anche in tal caso, avrebbe fatto pervenire un certificato medico che, effettivamente, perveniva al terzo giorno di malattia con effetto retrodatato.

A questo punto l'azienda contestava e licenziava la lavoratrice, la quale impugnava il provvedimento espulsivo sostenendo di essere stata veramente male ma di avere anche dovuto assistere la madre.

Nel processo - e di ciò viene dato atto anche nell'ordinanza - veniva inconfutabilmente provata «la diversa finalità dei certificati medici relativi ai primi giorni di malattia e, pertanto, di un'insussistenza in capo alla stessa di un quadro patologico tale da impedirle la prestazione lavorativa» e che, quindi, sia nel giorno della visita medica, sia per la successiva settimana, la lavoratrice aveva pianificato di inviare il certificato di malattia pur non avendo impedimento fisico.

Pur ritenendo che la lavoratrice, con comportamento quindi fraudolento, avesse goduto del trattamento economico indebitamente e a carico dell'azienda quantomeno per i primi giorni di malattia, perché poi sarebbe stata veramente ammalata, il Tribunale di Prato ha ritenuto che il licenziamento non fosse proporzionato e la condotta non tale da ledere irrimediabilmente il vincolo fiduciario tra datore e collaboratore.

Ciò in quanto la ricorrente aveva comunque dei problemi di salute cronici, l'assenza era in fin dei conti determinata dalla necessità di assistere un congiunto, non aveva arrecato pregiudizio all'espletamento dell'attività lavorativa: motivi per cui il comportamento doveva essere valutato in virtù del particolare momento di difficoltà della lavoratrice.

A fronte di tali circostanze, almeno per il Tribunale di Prato, è divenuto quindi “scusabile” l'aver pianificato e poi attuato l'indebita fruizione del trattamento di malattia con danno economico per l'azienda e lo Stato.

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