Contenzioso

Senza la vera autonomia funzionale del ramo ceduto la sostituzione del datore di lavoro è nulla

di Flavia Maria Cannizzo

Il Tribunale di Roma, con sentenza del 29 marzo 2021, n. 2080, torna sull'autonomia funzionale del ramo ceduto come elemento essenziale perché si configuri il trasferimento d'azienda cui sia applicabile la disciplina di cui all’articolo 2112 del Codice civile.
Il caso è la nota operazione straordinaria che nel 2018 ha visto protagoniste Intesa San Paolo S.p.A. e Tersia SpA (ora Intrum Italy SpA), caso su cui i giudici romani del lavoro non nutrono alcun dubbio: non si trattò di cessione di ramo, ma di una mera sostituzione di datore di lavoro illegittima; pertanto, l'istituto bancario viene ora condannato al ripristino dello status quo ante, ovvero al ripristino di tutti i rapporti di lavoro senza soluzione di continuità con adibizione dei lavoratori alle mansioni svolte prima della cessione (o comunque a mansioni equivalenti al loro livello di inquadramento).
I venti ricorrenti erano all'epoca impiegati presso la Direzione recupero crediti di Intesa San Paolo Group Services, allorquando erano stati ceduti, insieme ad altri e con decorrenza 30 novembre 2018, a Tersia S.p.A., successivamente divenuta Intrum Italy S.p.A.
L'iniziativa era stata tempestivamente impugnata dai lavoratori ceduti dinnanzi ai giudici del lavoro romani capitolini, che oggi, a distanza di due anni, statuiscono che l'operazione è stata effettuata in violazione delle norme di legge.
E infatti l'operazione celata da trasferimento di ramo, altro non è - nella sentenza in commento - che una mera sostituzione illegittima del datore di lavoro in un numero considerevole di rapporti di lavoro, e, pertanto, è nulla.
In particolare, risulta che la divisione presunta trasferita, di fatto, non fosse funzionalmente autonoma, ovvero non era di per sé autonomamente «capace, già al momento dello scorporo dal complesso cedente […] di svolgere il servizio o la funzione cui risultava finalizzato».
A complicare la posizione della banca cedente, la circostanza che la funzione svolta dal ramo presunto ceduto sia di fatto rimasta all'interno di Intesa San Paolo Group Services acquisendo però, dall'indomani della cessione, una differente denominazione; nonché il fatto che siano state trasferite con il ramo solo immobilizzazioni materiali in realtà "non significative per lo svolgimento di un'autonoma attività d'impresa" laddove non sono stati ceduti strumenti invece essenziali, quali i gestionali informativi afferenti al servizio.
In ultimo, i giudici del lavoro sottolineano come – di fatto – anche nel post cessione la cedente abbia continuato ad esercitare «una cospicua funzione di ingerenza» nella gestione delle posizioni affidate in servicing alla cessionaria.
Così, in attesa del ricorso in appello dell'istituto bancario che non si farà certo attendere, i ricorrenti «devono intendersi ancora dipendenti della cedente Intesa San Paolo».

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