Contenzioso

Agenzia: nullo il patto di stabilità troppo oneroso

di Marco Tesoro

È nullo, per frode alla legge, il patto di stabilità che, prevedendo una penale eccessivamente onerosa, incida in misura significativa sulla normale facoltà di recedere di una delle parti, limitandola fortemente. È questo il principio espresso dalla Corte di cassazione con la sentenza 24478/2021.

Il caso trae origine dal recesso per giusta causa intimato dall'agente e contestato dal preponente, il quale agiva in giudizio per l'ottenimento dell'indennità sostituiva del preavviso nonché per la penale prevista dal patto di stabilità concordato contrattualmente.Il Tribunale, da un lato, dichiarava privo di giusta causa il recesso dell'agente condannando quest'ultimo al pagamento dell'indennità sostitutiva del preavviso e, dall'altro, riteneva nullo il patto di stabilità, rigettando l'ulteriore domanda del preponente volta all'ottenimento della penale di 100.000,00 euro.

La Corte d'Appello confermava la sentenza di primo grado, salvo accogliere la censura del lavoratore sulla non debenza della rivalutazione monetaria per i crediti del datore di lavoro.

La Corte di cassazione, con una pronuncia di cui non si rinvengono precedenti, ha confermato l'interpretazione dei giudici di merito, respingendo il ricorso del preponente.In via preliminare, la Cassazione osserva come i giudici di merito abbiano richiamato un precedente giurisprudenziale (Cassazione 24274/2006) in base al quale, in tema di contratto di agenzia, l'articolo 1750, quarto comma, del Codice civile esprime un precetto materiale che vieta pattuizioni che alterino la parità delle parti in materia di recesso, con la conseguenza che è nullo in base all’articolo 1344 del Codice civile il patto che contempli, in aggiunta all'obbligo di pagare l'indennità di mancato preavviso, una clausola penale a carico del solo agente che si renda inadempiente all'obbligo di dare preavviso.

Nel caso in esame la fattispecie è diversa perché la clausola che prevedeva il patto di stabilità non era correlata formalmente all'obbligo di osservare il preavviso. Tuttavia, i giudici di merito hanno – correttamente, secondo la Cassazione – disposto la nullità del patto di stabilità perché, per come strutturato, realizzava il medesimo effetto di alterare la parità delle parti in materia di recesso. I giudici, infatti, rilevavano come il patto di stabilità sottoscritto dalle parti «in fatto, anche considerando il suo rilevantissimo importo, incidesse in maniera significativa sulla normale facoltà di recedere di una sola delle parti, limitandola fortemente, ed eludendo, per tale via, il principio imperativo della parità delle parti medesime in materia di recesso». A ben vedere, la pattuizione di una penale aggiuntiva rispetto all'indennità sostitutiva del preavviso appare in contrasto con il citato principio di parità, in quanto ha l'effetto di rendere «notevolmente più gravosa, per il solo agente, la possibilità di liberarsi dal vincolo corrispondendo esclusivamente l'indennità di preavviso».

La società ricorrente evidenziava come nel precedente giurisprudenziale citato la penale rappresentasse una sanzione per il mancato adempimento dell'obbligo di preavviso, mentre nel caso di specie concretizzava una liquidazione anticipata del danno derivante alla preponente dall'aver investito in un rapporto di collaborazione che si aspettava stabile, in quanto tale legittima. Per la Cassazione la circostanza è inconferente: «ciò che rileva, nell'iter motivazionale del giudice di secondo grado, è la circostanza del rilevante squilibrio contrattuale fra le parti contrapposte». Per la Cassazione, con il richiamo all'articolo 1750, quarto comma, del Codice civile i giudici di merito hanno inteso valorizzare il precetto che vieta pattuizioni che alterino la parità delle parti in materia di recesso, rendendo nulli i patti che prevedano penali talmente onerose da incidere sulla normale facoltà di recedere di una delle parti, limitandola in maniera significativa.

Infine, conclude sul punto la Cassazione, «non implausibile deve reputarsi l'interpretazione offerta dalla Corte territoriale alla luce della cospicua onerosità della penale, atta ad indurre a reputare non libera la volontà di uno dei contraenti, ed a determinare uno squilibrio ingente fra le posizioni delle parti, contrario alla salvaguardia del principio di parità negoziale».

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