Contrattazione

Sul welfare sconti legati al piano

di Stefano Sirocchi

Il dipendente non è tassabile per l’utilizzo dei servizi di welfare se il beneficio è riconosciuto alla generalità o a categorie di lavoratori. Inoltre, se la concessione avviene in base a un contratto, accordo o regolamento aziendale, le spese sostenute per l’acquisizione dei benefit sono completamente deducibili dal reddito di impresa. Ma con un caveat di cui è indispensabile tener conto. La deducibilità integrale è consentita solo se le statuizioni che dispongono il piano welfare contengono un’obbligazione negoziale a carico del datore di lavoro, come precisato nell’interpello 954-1417/2016 della direzione regionale lombarda dell’agenzia delle Entrate.

In sostanza non qualunque regolamento aziendale è di per sé idoneo a legittimare il pieno riconoscimento fiscale per i servizi di welfare (articolo 51, comma 2, lettera f, del Tuir) che, a titolo esemplificativo, possono essere costituiti da viaggi ricreativi, check up medici, iscrizioni a impianti sportivi, biglietti per spettacoli, abbonamenti a quotidiani.

Per l’individuazione delle categorie di dipendenti, è sufficiente che le stesse siano formate da un gruppo di lavoratori che abbia un medesimo comune denominatore. Come confermato dall’interpello, tra le altre, è valida anche la segmentazione dei dipendenti in base alla loro retribuzione annua lorda, o può essere identificata come categoria a sé stante quella costituita dai membri del consiglio di amministrazione della società.

A favore di ogni categoria di lavoratori può essere previsto un differente budget figurativo di spesa a carico della società. È consentito che l’erogazione avvenga tramite distribuzione di voucher non rimborsabili, ma non in denaro a titolo di rimborso spese.

Con la legge di bilancio 2017, inoltre, è stato precisato che le regole «si applicano anche alle opere e servizi riconosciuti dal datore di lavoro, del settore privato o pubblico, in conformità a disposizioni di contratto collettivo nazionale di lavoro, di accordo interconfederale o di contratto collettivo territoriale».

Di conseguenza, l’erogazione di benefit in conformità a disposizioni di contratto, accordo o regolamento che configuri l’adempimento di un obbligo negoziale determina la deducibilità integrale dei relativi costi da parte del datore di lavoro, in base all’articolo 95 del Tuir. Viceversa se, come chiarito nell’interpello 954-1417/2016, nel regolamento aziendale che dispone il piano welfare non si evincono statuizioni volte a configurare l’adempimento di un obbligo negoziale, allora si devono applicare le regole contenute nell’articolo 100, comma 1 del Tuir e gli oneri sostenuti dal datore di lavoro sono deducibili nei limiti del cinque per mille delle spese per prestazioni di lavoro dipendente, risultanti dalla dichiarazione dei redditi.

Peraltro, nel caso oggetto di interpello, l’Agenzia non ha rinvenuto nessun obbligo negoziale e anzi, nelle norme finali del regolamento, si legge che la società ha la facoltà di cessare unilateralmente e discrezionalmente l’implementazione del piano welfare al termine di ciascun anno di riferimento e, parrebbe, anche in relazione ad altre circostanze.

La deducibilità integrale dei costi relativi ai benefit è comunque materia delicata perché il regolamento aziendale di solito nasce su iniziativa unilaterale e “volontaria” dell’azienda. Tuttavia, a nostro avviso, nulla vieta che il piano welfare, benché autodeterminato, sia redatto in modo da renderne vincolante l’esecuzione da parte del proponente e tale da far nascere dei diritti soggettivi in capo ai lavoratori. In queste circostanze, infatti, non dovrebbero esserci dubbi sull’applicazione dell’articolo 95 del Tuir.

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