Contrattazione

I criteri per l’inquadramento previdenziale delle società in house

di Silvano Imbriaci

La vicenda affrontata dalla sezione lavoro con l'ordinanza n. 11707 del 3 maggio 2019 muove da una richiesta di pagamento di contribuzione obbligatoria rivolta dall'Inps ad una società di Servizi Ambientali, valutando il fatto che l'attività prevalente svolta da quest'ultima, di gestione del ciclo dei rifiuti fosse da considerarsi manifatturiera e a carattere non industriale (attività di raccolta dei rifiuti e trasporto presso gli impianti di selezione e di recupero).

L'Inps, in altre parole, aveva considerato residuale, sotto il profilo economico, l'attività di gestione delle discariche, delle ecoisole e di gestione del ciclo idrico integrato. Il caso è quindi quello di una società per azioni a capitale interamente pubblico (in house) che, pur essendo a tutti gli effetti una società commerciale operante secondo le regole di mercato, non rientra nella classificazione attività varie di cui al II comma dell'art. 49 della legge n. 88/1989 (Enti Pubblici, Ospedali, enti di assistenza morale). Secondo la prospettazione contraria, la natura di società in house providing non può non comportare l'equiparazione della società a capitale interamente pubblico alle vecchie aziende municipalizzate, essendo prevalente la funzione di interesse pubblico svolta più che la veste di società commerciale, solo formalmente strutturata come società di capitali.

Da un punto di vista generale, per procedere ad un corretto inquadramento a fini previdenziali di un'impresa che esercita attività promiscue, la prima operazione che deve completare l'interprete è quella di accertare se sia possibile una valutazione unitaria dell'oggetto dell'impresa. In altre parole, l'attività effettivamente esercitata dall'imprenditore deve essere considerata unica, avuto riguardo a quella preponderante o prevalente in relazione alle finalità economiche perseguite (Cass. 4 marzo 2014, n 4987). Sul punto la questione non può che spostarsi su un profilo squisitamente probatorio: occorre accertare mediante l'acquisizione di rilievi in fatto, dichiarazioni o altro, la vera consistenza dell'attività svolta, in relazione alle finalità economiche. In presenza di attività promiscue, come si è accennato, occorre altresì escludere che le attività svolte abbiano un sufficiente grado di autonomia. In questo senso non rilevano elementi formali (come ad esempio la dislocazione dei locali, o la diversità del personale addetto), quanto la finalità economica di ciascuna attività e la capacità di stare sul mercato in modo autonomo.

La giurisprudenza, tentando di applicare in concreto questo criterio, ha fatto riferimento spesso al fatturato economico aziendale delle singole attività, al numero dei lavoratori impiegati, alla riconduzione delle varie attività ad un nucleo unitario direttivo e organizzativo (Cassazione civile sez. lav., 07/11/2014, n.23804). Sotto questo profilo, a fronte della verifica in sede di consulenza dell'appartenenza al terziario della società (gestione rifiuti), la finalizzazione della società alla gestione in house di un servizio pubblico non ne muta la natura privata riguardo alle ricadute previdenziali del rapporto di lavoro, perché tale circostanza assume rilievo nell'ordinamento nazionale e comunitario solo riguardo al mercato e alla tutela della concorrenza. E' dunque irrilevante, ai fini dell'inquadramento, che la società per azioni sia a partecipazione pubblica e sia finalizzata alla gestione di un servizio pubblico in house.

La soluzione della cassazione è coerente con quell'orientamento, ormai consolidato, che nega rilievo alla natura sostanzialmente pubblicistica di quelle società di gestione dei servizi pubblici, ai fini dell'esonero dalla contribuzione c.d. minore (cfr. da ultimo Cass. n. 5429/2019). Infatti, secondo la Cassazione, la forma prescelta per lo svolgimento di tali attività è solitamente quella della società per azioni in cui l'amministrazione pubblica esercita il controllo; ma tale controllo è esercitato unicamente attraverso gli strumenti di diritto privato, dovendosi così escludere, in mancanza di una disciplina derogatoria rispetto a quella propria dello schema societario, che la mera partecipazione da parte dell'ente pubblico sia idonea a determinare la natura dell'organismo attraverso il quale la gestione del servizio pubblico viene attuata.

La formale veste privatistica ha rilievo a fini diversi da quelli previdenziali (dinamiche della concorrenza nel mercato). Peraltro, anche le Sezioni Unite della Cassazione (n. 28606/09) hanno ribadito che spetta al giudice ordinario la giurisdizione in tema di azione di risarcimento dei danni subiti da una società a partecipazione pubblica per effetto di condotte illecite degli amministratori o dei dipendenti, affermando che non è configurabile, avuto riguardo all'autonoma personalità giuridica della società, né un rapporto di servizio tra l'agente e l'ente pubblico titolare della partecipazione né un danno direttamente arrecato allo Stato o ad altro ente pubblico, idonei a radicare la giurisdizione della Corte dei Conti.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©