Contrattazione

Firmato il contratto collettivo, ma i rider restano autonomi

di Alberto De Luca e Raffaele Di Vuolo

Il 15 settembre 2020 le associazioni sindacali Assodelivery e Ugl-Rider hanno siglato li primo contratto collettivo nazionale per la disciplina dei rapporti di lavoro dei ciclofattorini, noti anche come "rider". Al di là di ogni considerazione sui temi di rappresentatività sindacale che stanno alimentando un nutrito dibattito, l'accordo, denominato Contratto collettivo nazionale per la disciplina dell'attività di consegna di beni per conto altrui, svolta da lavoratori autonomi, c.d. Rider, è stato raggiunto a quasi un anno di distanza dall'entrata in vigore della legge 128/2019 che introduceva le prime misure per la tutela dei lavoratori della gig economy.

Quello dei rider è un rapporto che, secondo le parti firmatarie, deve essere ricondotto nell'alveo del lavoro autonomo. Difatti, l'articolo 7 del Ccnl definisce il rider come «lavoratore autonomo che, sulla base di un contratto con una o più piattaforme, decide se fornire la propria opera di consegna dei beni, ordinati tramite applicazione».

Tra le principali misure previste si annoverano il riconoscimento di un compenso minimo garantito, sistemi premianti, dotazioni di sicurezza, coperture assicurative, divieto di discriminazione e pari opportunità, tutela della privacy e diritti sindacali, escludendo al contempo la maturazione di istituti tipici del lavoro subordinato quali ad esempio compensi per lavoro straordinario, mensilità aggiuntive, ferie, indennità di fine rapporto.

Nel dettaglio, per quanto concerne gli aspetti di natura economica, il contratto collettivo prevede il riconoscimento in favore dei rider di un compenso minimo (10 euro l'ora) determinato sulla base del tempo «stimato» per l'effettuazione delle consegne che, se inferiore a un'ora, sarà riparametrato di conseguenza in proporzione al tempo «stimato» per la consegna. Tale compenso non potrà comunque essere inferiore a 7 euro per i primi 4 mesi dall'avvio del servizio di consegna presso una nuova città. Inoltre, il compenso sarà incrementato in misura variabile dal 10% al 20% a seconda che l'attività si svolga durante l'orario notturno (che decorre dalle 24:00 alle 7:00), i giorni festivi (nei quali non sono ricomprese le domeniche) o nelle giornate in cui le condizioni meteorologiche sono «sfavorevoli».

Per incentivare i ciclofattorini, invece, il contratto introduce un sistema premiante in forza del quale le società dovranno riconoscere a ciascun rider un premio una tantum pari a 600 euro ogni 2.000 consegne nell'anno solare (fino a un massimo di 1.500 euro).

L'accordo non regolamenta solamente aspetti economici, ma mira anche a preservare la salute e sicurezza dei ciclofattorini, garantendo loro l'applicazione delle disposizioni del Testo unico salute e sicurezza (Dlgs 81/2008) e la partecipazione a specifici programmi di formazione. Ai sensi del contratto, inoltre, le società di delivery dovranno fornire ai rider dotazioni di sicurezza come indumenti ad alta visibilità e casco, da sostituirsi ogni con una periodicità prestabilita. Infine, "normativizzando" una prassi già in parte diffusa, è richiesta a cura della committente l'attivazione di coperture assicurative contro infortuni sul lavoro e malattie professionali, nonché contro eventuali danni a cose o persone cagionati in esecuzione dell'attività.

Da ultimo, con riferimento alla risoluzione del rapporto, è attribuita al rider la facoltà di recedere unilateralmente dal contratto in qualsiasi momento con effetto immediato, mentre è richiesto al committente di osservare un preavviso di almeno 30 giorni (salvo il caso di violazione del contratto per dolo o colpa grave).

In sintesi, può dirsi che all'indomani della sottoscrizione dell'accordo trovano parziale risposta domande che, ormai da anni, sono al centro del dibattito dottrinale e giurisprudenziale. Tra queste, in particolare, quella relativa alla qualificazione della tipologia del rapporto in considerazione delle peculiari modalità con cui lo stesso viene eseguito. Vi è però da dire che, mentre lo scorso mese di gennaio la Corte di cassazione (sentenza 1663 del 24 gennaio 2020) aveva esteso ai rider le norme sul lavoro subordinato in considerazione della natura etero-organizzativa del rapporto, l'accordo mira ad escludere questa applicazione, essendo sottoscritto da «associazioni sindacali comparativamente più rappresentative» sul piano nazionale.

Tuttavia, proprio il tema della rappresentatività a livello nazionale delle parti sindacali coinvolte è, in questi giorni, al centro del dibattito tra gli addetti ai lavori, anche a seguito di una ferma reazione da parte dei sindacati confederali al riguardo. Non solo: anche il ministero del Lavoro ha contestato alcuni punti dell'intesa convocando le parti sociali per un incontro il 24 settembre. Ciò posto, salvi gli effetti di eventuali evoluzioni derivanti dal dibattito sulla rappresentatività in corso, che si preannuncia intenso, l'accordo collettivo rappresenta comunque un primo importante passo verso la regolamentazione di un settore che, proprio in questo periodo (caratterizzato da una profonda rivoluzione del concetto di "prestazione" e "luogo" di lavoro), ha rivelato la propria essenzialità e centralità per l'evoluzione del mondo del lavoro.

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