Contrattazione

Il contratto di ricollocazione va a rilento (e in ordine sparso) sul territorio

di Francesca Barbieri e Valeria Uva

Un sistema di flexicurity che fatica a decollare. Da un lato, l’assegno di ricollocazione nazionale gestito dall’Anpal è ancora ai blocchi di partenza: Governo e Regioni sono a confronto per sciogliere gli ultimi nodi e far partire le prime lettere agli oltre 20mila disoccupati estratti su una platea di oltre un milione.

Dall’altro, le iniziative regionali avviate in questi anni - tranne rare eccezioni - registrano ritardi e difficoltà nel misurare l’efficacia di questo strumento di politica attiva, che dovrebbe contribuire a superare la logica tutta italiana basata sugli ammortizzatori sociali e favorire, appunto, la ricerca di un nuovo lavoro.

Come spesso accade, le autonomie si sono mosse in ordine sparso sia sul tipo di sostegno da creare sia sul target a cui destinarlo. Con risultati altrettanto diversi da Regione a Regione, come segnalano le schede a fianco.

Tempi diversi

Il punto di partenza, per gran parte di loro, è stato il Fondo per le politiche attive nato con la legge di Stabilità 2014. Ognuna ha aggiunto poi altre risorse derivanti da fondi europei. Ma le sperimentazioni sono partite realmente in tempi diversi: la Dote unica lavoro (Dul) in Lombardia è già arrivata alla seconda edizione; la prima si è chiusa a dicembre 2015 con un totale di 82.217 doti assegnate e 23mila inserimenti lavorativi. «Dal 2013 siamo riusciti a mettere a sistema un’unica misura - spiega Valentina Aprea, assessore Istruzione, formazione e lavoro - capace di superare la frammentazione degli interventi di politiche attive precedenti, offrire un percorso individuale di inserimento lavorativo basato su libertà di scelta, orientamento al risultato e costi standard».

In Sicilia e Calabria, per esempio, la ricollocazione è disegnata da una serie di delibere regionali, ma deve di fatto partire, in attesa di un bando. Dalla Sicilia spiegano che «l’avviso sarà emanato a breve». Previsto entro gennaio, è slittato «per far fronte ad altre emergenze dell’assessorato che segue anche le politiche sociali». La Calabria, invece, ha messo a punto diversi interventi mirati all’interno del programma Reddito di inclusione attiva, deliberato a luglio 2016, ma per la dote lavoro, che impegna 63 milioni, si è ancora in attesa del bando.

Anche la Liguria ha approvato, a fine gennaio, la delibera con cui si avvia la creazione di un catalogo formativo da cui il disoccupato potrà “pescare” il corso che più lo interessa, puntando ai settori più dinamici sotto il profilo occupazionale. Partenza fissata al 1°  marzo anche per la Valle d’Aosta.

Altre realtà sono solo all’inizio: i contratti di ricollocazione o voucher formativi sono stati avviati solo da pochi mesi in Toscana, Basilicata, Piemonte e Veneto. Troppo presto, quindi, per fare un bilancio.

I modelli

Diverse anche le modalità di utilizzo del bonus. Alcune Regioni hanno preferito concentrarsi su un settore specifico, o perché strategico per l’economia locale o perché più colpito dalla crisi. È il caso delle Marche, che hanno puntato sul legno-mobile e su 1.600 lavoratori espulsi dal settore ne sono stati coinvolti finora 350, che hanno firmato un patto di servizio. Chi tra gli enti accreditati riuscirà a ricollocarli prenderà un bonus (massimo 2mila euro per un contratto a tempo determinato). L’Emilia-Romagna si è concentrata sull’edilizia, settore che ha registrato l’espulsione di circa 30mila lavoratori dall’avvio della crisi del 2008. Le misure messe a punto, in questo caso, sono finalizzate sia a sostenere la ricollocazione verso altre imprese, sia l’avvio di attività autonome o d’impresa.

I risultati

L’esperimento-ricollocazione ha prodotto risultati diversi sul territorio. Rispetto al modello nazionale, che punta ai percettori di Naspi da almeno 4 mesi, nella maggior parte dei casi il target individuato localmente è diverso. Molte Regioni si sono rivolte a disoccupati di più lunga durata (spesso oltre 12 mesi). «Abbiamo scelto volutamente un target difficile - spiega l’assessore al lavoro del Lazio, Lucia Valente - perché crediamo nelle politiche attive segmentate e personalizzate». La Regione, in questo caso, ha assegnato un punteggio maggiore ai disoccupati di più lungo corso ed è stata travolta dalle richieste: per il bando di ottobre 2015, che finanziava 2mila contratti, sono arrivate 12mila domande. In 1.376 hanno firmato e di questi il 34% ha trovato lavoro nei sei mesi del contratto (con un bonus a chi ricolloca fino a 4mila euro). In Campania, grazie a «Ricollocami» - rivolto ai lavoratori in Cig in deroga, ora privi di sostegno al reddito - degli oltre 8mila disoccupati in carico, 1.400 hanno riconquistato un posto in sei mesi.

Stesso target (disoccupati di lunga durata, in più over 50) per il “Cris” (Contratto di ricollocazione in Sardegna) che ancora deve dare i suoi frutti. Nell’isola, oltre a un mercato del lavoro più asfittico, pesa anche la mancanza delle grandi agenzie per il lavoro. A marzo è previsto un bilancio per predisporre quello che l’assessore al Lavoro, Virginia Mura, chiama il «cruscotto unitario, in cui ciascun lavoratore avrà una risposta personalizzata ».

Pubblico e privato

Diverso anche il mix di servizi pubblico-privato. In Lombardia il lavoratore ha piena libertà di scelta tra gli operatori accreditati. In Veneto, Marche e Lazio i centri pubblici per l’impiego sono lo snodo primario.

In altre realtà, l’Agenzia regionale per il lavoro opera al pari dei privati. Così, per esempio, in Friuli Venezia Giulia. Spiega il direttore regionale, Nicola Manfren: «Abbiamo svolto 650 visite aziendali, c’è un database di domande e offerte aggiornato, facciamo incontri con le associazioni di categoria». L’Agenzia crede, quindi, di avere i numeri «per gestire in prima persona l’assegno Anpal, su un piano di parità rispetto ai privati».

Guarda la mappa, Regione per Regione

Guarda la mappa, Regione per Regione

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©