Contrattazione

Accelerano i contratti a termine

di Giorgio Pogliotti

La fine dell’incentivo a pioggia ha provocato un effetto sostituzione nel mercato del lavoro. Sono i contratti a termine a crescere maggiormente da quando è venuta meno la decontribuzione generalizzata per le assunzioni stabili: tra gennaio e febbraio l’Istat ne ha registrati 23mila in più. Mentre si contano 17mila contratti permanenti in meno e un lieve incremento di indipendenti (+2mila), con un saldo finale di 8mila occupati in più.

«La leggera ripresa economica si riflette sull’andamento del mercato del lavoro - commenta l’economista del lavoro Carlo Dell’Aringa -. Esaurito l’incentivo generalizzato, che giustamente ha privilegiato i contratti stabili, molte aziende puntano sui contratti temporanei, in assenza di una robusta crescita che possa tradursi in un incremento stabile degli ordinativi». Anche il confronto con febbraio 2016 che segna 294mila occupati in più, è frutto dell’incremento di 178mila contratti a termine, di 102mila permanenti e 14mila indipendenti. Allargando lo sguardo a gennaio 2014, a febbraio 2017 i dipendenti a tempo indeterminato sono cresciuti di 448mila unità, quelli a termine di 314mila, mentre gli indipendenti sono 46mila in meno. La disoccupazione giovanile è scesa al 35,2% (-1,7% su gennaio 2017 e -3,6% su febbraio 2016). «Cala la disoccupazione, anche tra i giovani. L’impegno per le riforme ottiene risultati. E continua», ha commentato il premier Paolo Gentiloni. Tuttavia è un valore pari al doppio della Ue-28, dove Eurostat rileva la disoccupazione giovanile scesa dal 17,5% a 17,3%, ed è ben distante anche dalla media della zona euro (dove scende dal 19,8% di gennaio al 19,4% di febbraio).

La ripresa degli inattivi è un altro dato che emerge dalle rilevazioni Istat: tra gennaio e febbraio sono 51mila in più, e l’incremento interessa tutte le fasce d’età con l’eccezione di quella dai 50 anni in su. Questo dato va letto insieme alla diminuzione delle persone in cerca di occupazione, agli 83mila disoccupati in meno. «Il mercato del lavoro funziona come un meccanismo di vasi comunicanti - aggiunge Dell’Aringa -, tra lo stock di disoccupati è probabile che molti non cerchino più lavoro perché scoraggiati o sfiduciati, finendo per ingrossare le fila degli inattivi. L’identikit sembra essere quello del lavoratore di sesso maschile dell’industria, settore maggiormente in affanno rispetto ai servizi». Il tasso di disoccupazione all’11,5%, in calo dello 0,3% su gennaio, va dunque letto anche in questa luce. Su base annuale, invece, calano sia gli inattivi (-380mila) che i disoccupati (-18mila). La tendenza al calo della disoccupazione, peraltro, interessa la zona euro dove a febbraio si riduce in media al 9,5% (dato più basso da maggio 2009), e nell’Ue-28 dove scende all’8% (miglior risultato da gennaio 2009). Quanto alle fasce d’età, l’occupazione è in crescita su base annua in tutte le classi: 15-24 anni(+0,8%), 35-49 (+1%), e 50-64 (+3%), «confermando il ruolo predominante degli ultracinquantenni nella crescita occupazionale, anche per effetto dell’aumento dell’età pensionabile», spiega l’Istat. C’è poi la componente demografica. Il calo della popolazione tra 15 e 49 anni influisce in modo decisivo sulla variazione tendenziale dell’occupazione, rendendola nulla tra i 15-34enni e negativa tra i 35-49enni. Al contrario «la crescita della popolazione degli over 50enni amplifica la crescita occupazionale, con un aumento del divario generazionale».

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