Contrattazione

Tre strade per i lavoratori stagionali senza voucher

di Alessandro Rota Porta

La recente abrogazione del lavoro accessorio disposta dal decreto legge 25/2017 (convertito dalla legge 49/2017) impone alle aziende di rivedere alcune prassi in vista del periodo estivo, quando, soprattutto in determinati settori, si registra un maggior fabbisogno di personale.

Vediamo, quindi, quali sono le soluzioni occupazionali che possono essere percorse per gestire le esigenze di lavori stagionali, considerando che le prestazioni richieste sono spesso caratterizzate da orari difficili da predeterminare e richiedono ampi margini di flessibilità.

Il lavoro a chiamata
Restando nell’alveo del rapporto di lavoro subordinato, la tipologia contrattuale alla quale ricorrere, se l’entità della prestazione non è predeterminabile e quindi è richiesto un impegno non programmabile, di carattere saltuario e/o discontinuo, è quella del contratto intermittente o a chiamata, disciplinato dall’articolo 13 del Dlgs 81/2015: l’assunzione può avvenire sia a tempo indeterminato, sia a termine.

Per una corretta instaurazione del rapporto, è necessario – in primo luogo – verificare se l’attività o il soggetto interessato rientrano nel campo di applicazione del contratto a chiamata: vi sono, infatti, specifiche ipotesi soggettive e oggettive che ne definiscono il perimetro di utilizzo.

I contratti di lavoro a chiamata, senza limitazioni sull’attività di impiego, possono essere stipulati con due categorie di soggetti:
1) giovani di età inferiore a 24 anni, purché la prestazione si esaurisca entro il venticinquesimo anno di età (quindi, stipulando - di fatto - solo rapporti di lavoro a termine);

2) soggetti di età superiore a cinquantacinque anni, anche pensionati.

Passando alle ipotesi oggettive, il lavoro intermittente può essere utilizzato, a prescindere dall’età, per le prestazioni di carattere discontinuo o intermittente individuate dai contratti collettivi ovvero comprese tra le attività elencate nella tabella approvata con il regio decreto 2657/1923. Nel dettaglio, in assenza di una disciplina contrattuale nazionale, bisogna ricordare che anche le intese di secondo livello possono validamente regolamentare il lavoro a chiamata.

Il lavoro part-time
Se, invece, nonostante non sussistano i presupposti per attivare un contratto di lavoro a tempo pieno, è possibile predefinire l’articolazione dell’orario di lavoro, lo strumento al quale si può ricorrere è quello del rapporto di lavoro a tempo parziale.

In questa ipotesi, secondo le previsioni dell’articolo 5, del Dlgs 81/2015, va indicata puntualmente la durata della prestazione lavorativa e della collocazione temporale dell’orario con riferimento al giorno, alla settimana, al mese e all’anno.

Inoltre, facendo riferimento a quanto previsto dai contratti collettivi, il datore di lavoro ha la facoltà di richiedere, entro i limiti dell’orario normale di lavoro (articolo 3 del Dlgs 66/2003) lo svolgimento di prestazioni supplementari, ossia quelle svolte oltre l’orario concordato fra le parti, anche in relazione alle giornate, alle settimane o ai mesi.

È bene precisare che le parti possono, altresì, pattuire - per iscritto e nel rispetto di quanto previsto dai contratti collettivi - clausole elastiche relative alla variazione della collocazione temporale della prestazione lavorativa, ovvero relative alla variazione in aumento della sua durata. In assenza di disciplina di accordo collettivo, la norma detta un inter particolare per arrivare alla stipula delle clausole elastiche.

Il lavoro a termine
Infine, si può ricorrere a contratti di lavoro a tempo determinato, correlati, ad esempio, alla necessità di inquadrare lavoratori in sostituzione di altri che godono delle ferie o per soddisfare punte di attività che richiedono maggiore forza lavoro, soprattutto in quei comparti legati alla stagionalità.

Peraltro, i rapporti a termine instaurati per ragioni sostitutive, così come quelli stipulati per lo svolgimento delle attività stagionali previste dall’articolo 21, comma 2, del decreto legislativo 81/2015, sono esentati dai limiti quantitativi di utilizzo dei contratti a tempo determinato.

Il rovescio della medaglia è nei costi, poiché i rapporti a termine, in linea generale e fatte salve queste casistiche, comportano il versamento di una contribuzione addizionale dovuta all’Inps nella misura dell’ 1,40 per cento.

Inoltre, non bisogna dimenticare che le esigenze temporanee possono essere coperte dal contratto di somministrazione, nel rispetto degli eventuali limiti del contratto collettivo nazionale di lavoro applicato.

Leggi i punti cardine del lavoro intermittente

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©