Contrattazione

Il primo test sulle co.co.co arriverà dai tribunali

di Alessandro Rota Porta

Dopo l’intervento del codice dei contratti (Dlgs 81/2015), anche il Jobs act del lavoro autonomo si è spinto sul campo delle collaborazioni coordinate e continuative: una disciplina che – nonostante le diverse correzioni – fatica a trovare un assetto definito.

In particolare, la modifica riguarda la definizione di co.co.co contenuta nel Codice di procedura civile: nel testo dell’articolo 409, dopo le parole «anche se non a carattere subordinato», si inserisce questa previsione: «La collaborazione si intende coordinata quando, nel rispetto delle modalità di coordinamento stabilite di comune accordo dalle parti, il collaboratore organizza autonomamente l’attività lavorativa».

Per comprendere la portata della novità, occorre fare un passo indietro. Il codice dei contratti ha superato la riforma Fornero, abrogando la disciplina del contratto a progetto e fissando quale discriminante tra lavoro autonomo e subordinato la presenza della cosiddetta etero-organizzazione.

Nonostante le connotazioni qualificatorie siano state semplificate, il confine tra collaborazioni genuine e subordinazione è comunque difficile da tracciare, anche perché il panorama lavorativo si arricchisce di giorno in giorno di figure professionali non regolamentate.

Con l’attuale disciplina, a partire dal 1° gennaio 2016, si applica la disciplina del rapporto di lavoro subordinato anche ai rapporti di collaborazione che si traducono in prestazioni di lavoro esclusivamente personali, continuative e le cui modalità di esecuzione sono organizzate dal committente “anche” con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro (etero-organizzazione) sebbene lo stesso collaboratore rimanga libero di gestire autonomamente le modalità di svolgimento della collaborazione stessa.

La congiunzione “anche” lascia però intendere che tempi e luogo non bastino da soli a far disconoscere un rapporto di collaborazione ma il legislatore non specifica quali siano gli altri indicatori da considerare. Per semplificare, può essere libero il “come” si effettua la prestazione ma si finisce nel lavoro subordinato se il committente decide anche il “quando” e il “dove”.

Quanto sopra senza dimenticare come non vengano meno i caratteri distintivi tra lavoro autonomo e subordinato dettati dall’articolo 2094 del Codice civile.

È in questo quadro che si innesta la modifica dell’articolo 409 del Codice di procedura civile: la subordinazione sarebbe così disinnescata qualora le parti, di comune accordo, abbiano stabilito le modalità di coordinamento (o queste vengano lasciate alla discrezione del collaboratore). In questo modo sembra potersi superare l’empasse del decreto legislativo 81/2015 che aveva tracciato in maniera piuttosto indefinito il campo delle collaborazioni.

Se la materia avrà trovato pace lo scopriremo con la futura giurisprudenza, con la consapevolezza che ci si muove tra regole di difficile lettura e dai confini incerti.

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