Contrattazione

Lavoro «occasionale», definizione cercasi

di Giampiero Falasca

La nuova disciplina delle prestazioni occasionali , chiamata a rimpiazzare almeno in parte il vuoto creatosi con l’abrogazione dei voucher , contiene un equivoco di fondo che potrebbe complicare ulteriormente la gestione di strumenti che già nascono con regole molto difficili da applicare.

L’equivoco riguarda la nozione di occasionalità , che viene associata sia alle prestazioni che possono essere rese con il “libretto di famiglia” (lo strumento destinato alle persone fisiche per alcune specifiche attività), sia a quelle che si possono svolgere con il “contratto di prestazione occasionale” (la fattispecie utilizzabile dalle imprese che non hanno più di 5 dipendenti a tempo indeterminato).

L’equivoco riguarda il significato da attribuire all'aggettivo “occasionale”: affinché la prestazione possa essere considerata tale è sufficiente che le prestazioni rese con i nuovi strumenti siano contenute entro i numerosi limiti fissati dalla legge, oppure deve esserci qualcosa in più (l’occasionalità, appunto, della prestazione) a prescindere dal rispetto dei limiti quantitativi e soggettivi?

La legge non brilla per chiarezza sul punto. Leggendo la definizione generale di prestazione occasionale, contenuta al comma 1 dell’articolo 54 bis della legge n. 96/2017, la risposta sembrerebbe facile: secondo la norma, si considerano come occasionali tutte le prestazioni rese entro certi limiti di compenso (5mila euro nell’anno civile per ciascun prestatore, con riferimento alla totalità degli utilizzatori, e per ciascun utilizzatore, con riferimento alla totalità dei prestatori, e 2.500 euro per singolo prestatore), quindi a prescindere da qualsiasi ulteriore verifica in merito alla natura della prestazione svolta.

Questa interpretazione trova conferma nella disciplina del Libretto di famiglia, con un’aggiunta importante: ai fini dell’occasionalità è necessario, oltre al rispetto dei limiti oggettivi, che le prestazioni rientrino in alcune categorie specifiche (piccoli lavori domestici, compresi lavori di giardinaggio, di pulizia o di manutenzione, assistenza domiciliare ai bambini e alle persone anziane, insegnamento privato).

Per il libretto di famiglia, quindi, il legislatore indica con chiarezza cosa si può considerare occasionale e cosa no, riducendo i possibili equivoci sul punto.

La questione è meno chiara rispetto al “contratto di prestazione occasionale”, lo strumento riservato ai datori di lavoro che non superano i 5 dipendenti a tempo indeterminato.

Il comma 13 della nuova disciplina definisce la fattispecie come il contratto mediante il quale un utilizzatore acquisisce, con modalità semplificate, «prestazioni di lavoro occasionali o saltuarie di ridotta entità».

Nella definizione compare la nozione di prestazioni «saltuarie di ridotta entità», che fa sorgere un grosso dubbio: si parla della stessa fattispecie disciplinata dal comma 1, oppure viene introdotto anche un requisito “qualitativo” che deve caratterizzare le prestazioni, cioè la loro occasionalità o saltuarietà?

Il regime sanzionatorio introdotto dalla norma punisce solo la violazione dei limiti oggettivi e di durata previsti, mentre nulla dice in merito alla mancanza di occasionalità della prestazione.

Questa considerazione non basta a rimuovere del tutto il rischio che una normativa imprecisa e farraginosa favorisca interpretazioni produttive di contenziosi dall’esito imprevedibile.

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