Contrattazione

L’onere di dimostrare i profili di irregolarità ricade su chi contesta

di Stefano Rossi

La certificazione del contratto di lavoro serve a proteggere le aziende e i lavoratori dal contenzioso. Tuttavia, è necessario seguire una serie di avvertenze per arrivare a una certificazione genuina.

L’articolo 75 del Dlgs 276/2003 è stato modificato dalla legge 183/2010 (il cosiddetto collegato lavoro) ampliando il suo oggetto rispetto al passato e comprendendo tutti i contrati di lavoro in cui sia direttamente o indirettamente dedotta una prestazione di lavoro.

Gli enti certificatori

La procedura di certificazione può essere svolta davanti agli enti bilaterali, agli ispettorati territoriali del lavoro, alle università pubbliche e private, ai consigli provinciali dei Consulenti del lavoro (per i contratti di lavoro instaurati nell’ambito territoriale di riferimento e secondo intese definite tra il ministero del Lavoro e il Consiglio nazionale dei consulenti del lavoro, con l’attribuzione a quest’ultimo delle funzioni di coordinamento e vigilanza per gli aspetti organizzativi).

Le commissioni di certificazione operano in base ai propri regolamenti interni e in virtù delle linee guida predisposte dal ministero del Lavoro. La procedura di certificazione è volontaria e l’istanza deve essere sottoscritta da entrambe le parti. Il momento più rilevante è quello dell’audizione delle parti, dove la commissione valuta l’effettiva volontà delle parti sugli effetti civili, amministrativi, previdenziali o fiscali per i quali si chiede la certificazione. Trascorsi trenta giorni dall’istanza, la commissione emette un provvedimento motivato di certificazione o diniego, essenzialmente sulla documentazione prodotta e sull’audizione delle parti, svolgendo al contempo anche una funzione di assistenza e consulenza nella redazione del contratto.

Il perimetro di validità

La certificazione è un atto amministrativo che produce solo effetti dichiarativi e non costitutivi.

Nella pratica può accadere pertanto che gli organi di vigilanza riconducano a una diversa tipologia contrattuale il contratto siglato tra le parti (ad esempio un contratto di collaborazione coordinata e continuativa in contratto subordinato) o riqualifichino un contratto part-time in full time. In queste ipotesi e in altre, come il contratto di appalto o il contratto intermittente, il visto di certificazione consente al datore di lavoro di crearsi uno schermo protettivo verso gli atti di accertamento e notificazione degli organi ispettivi, sino al momento della decisione del giudice. In sostanza, l’articolo 79 del Dlgs 276/2003 stabilisce che la certificazione da parte della commissione attribuisce al contratto «piena forza legale» sia tra le parti, sia nei confronti dei terzi. La conseguenza sarà che gli effetti (civili, previdenziali, amministrativi, fiscali) del contratto così certificato permangono, anche nei confronti dei terzi, fintanto che non sia stato accolto, con sentenza di merito, uno dei ricorsi giurisdizionali esperibili. Del resto, per i contratti certificati interviene il principio dell’inversione dell’onere della prova in ragione del quale spetta a chi contesta la regolarità del contratto (organi di vigilanza compresi) dimostrare eventualmente in giudizio l’invalidità del testo certificato.

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