Contrattazione

Atenei indietro su apprendisti e dottori di ricerca «industriali»

di Eugenio Bruno e Claudio Tucci

In attesa di prendere dimestichezza con le nuove lauree professionalizzanti gli atenei italiani si confermano a digiuno di “alto” apprendistato e dottorati di ricerca «industriali». A sostenerlo è il report 2017 dell’Osservatorio Università-Imprese della Fondazione Crui.

Il documento - che verrà presentato domani a Roma alla presenza del presidente della Conferenza dei rettori, Gaetano Manfredi, e del coordinatore dell’Osservatorio, Angelo Riccoboni - individua in burocrazia e disinformazione gli scogli principali con cui i nostri atenei devono ancora fare i conti quando si approcciano agli strumenti nati per gettare un primo ponte tra il mondo dell’istruzione terziaria e quello del lavoro.

Si pensi all’apprendistato di alta formazione e ricerca. Che - come si legge nel paper - «è uno strumento negoziale ancor’oggi non entrato pienamente a regime, nonostante reiterate misure di razionalizzazione normativa e di incentivo economico». Tant’è che «le esperienze registrate dagli atenei sono per lo più pionieristiche e il coinvolgimento delle imprese è spesso collegato a progetti specifici». Sia per «le difficoltà di carattere burocratico e normativo» riscontrate all’interno delle università sia per la «disinformazione» intorno a questa figura contrattuale.

Oltre a individuare i problemi il Gruppo di lavoro dell’Osservatorio indica anche le possibili soluzioni per favorire la diffusione dell’apprendistato di terzo livello. A cominciare da un network dotato di piattaforma web che consenta una maggiore comunicazione e condivisione delle regole, la diffusione delle buone pratiche, la ricerca di soluzioni alle criticità segnalate dagli atenei e dalle imprese, il supporto all’implementazione della normativa.

Un affresco simile lo offrono i dottorati industriali. Pur evidenziando l’esistenza di una doppia condizione “teorica” favorevole alla loro diffusione - un consistente numero di imprese potenzialmente interessate e la possibilità di agevolarne la diffusione grazia all’utilizzo dei fondi Pon - la ricerca ne evidenzia anche la scarsa applicazione “pratica”. Lasciando parlare i numeri: i corsi di dottorato in convenzione con le imprese sono saliti da 35 a 41 corsi mentre quelli in cui sono attivi curriculum con le aziende sono passati da 68 a 78. Un paio di gocce in un mare fatto di 915 dottorati totali. Da qui l’auspicio che la rotta possa essere invertita grazie anche al vademecum messo a punto dall’Osservatorio e alla proposta di linee guida con cui aiutare le componenti accademiche e imprenditoriali interessate a superare la mancanza di informazioni ravvisata sulla materia dalla Fondazione Crui.

Altro tema di grande attualità approfondito nel rapporto è l’imminente lancio delle lauree professionalizzanti. Il debutto, sperimentale, avverrà nell’anno accademico 2018-2019. Una cabina di regia al Miur, resasi necessaria lo scorso anno per evitare sovrapposizioni con l’offerta Its, ha limitato il raggio d’azione dei nuovi corsi, che potranno partire collegati con le professioni ordinistiche, attraverso convenzioni stipulate con ordini e collegi, e solo nell’ambito di tali accordi, gli atenei avranno la possibilità di realizzare partenariati con le imprese. L’obiettivo è scongiurare «cannibalizzazioni» tra differenti offerte formative terziarie. Il documento richiama anche (e opportunamente) la necessità di un cambio di passo del sistema universitario, che, è scritto nero su bianco, «dovrà affrontare la sfida con un approccio culturale differente e più aperto al contesto lavorativo».

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