Contrattazione

Dalla durata alle soglie, il ruolo dei contratti collettivi

di Giampiero Falasca

La discussione sulle possibili riforme del contratto a termine dovrebbe tenere in considerazione un aspetto molto rilevante della disciplina vigente: le parti sociali hanno un potere molto ampio di “ridisegnare” la disciplina complessiva di questo strumento.

Potere che viene esercitato molto di frequente (sono pochi i contratti collettivi nazionali che rinunciano ad intervenire sulla materia) e che consente di adattare le regole previste dalla legge ai fabbisogni dei diversi settori produttivi. Lo spazio entro il quale questo potere può essere esercitato è molto ampio, a partire dalla definizione dei limiti quantitativi massimi di utilizzo del lavoro a tempo determinato.

La legge (articolo 23 del Dlgs 81/2015) fissa una soglia massima che può tuttavia essere modificata dalle parti sociali. Secondo la norma, infatti, è consentito a ciascun datore di lavoro (salvo specifiche eccezioni) di stipulare un numero complessivo di contratti a termine che non può eccedere il 20% del totale dei dipendenti a tempo indeterminato in forza al 1° gennaio dell’anno di assunzione. Questo limite non è immutabile, in quanto la legge fa salva la possibilità che i contratti collettivi possano determinare limiti diversi.

I contratti legittimati a intervenire sono quelli sottoscritti dalle organizzazioni comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, e possono essere siglati sia al primo livello di contrattazione, sia in sede aziendale.

Un altro aspetto molto rilevante è quello della durata che per legge non può superare complessivamente 36 mesi, per la stipula di contratti a termine sottoscritti fra lo stesso datore di lavoro e lo stesso addetto.

Il limite è omnicomprensivo, in quanto si applica sia nel caso in cui il contratto sia prorogato, sia in caso di successione di contratti attuata nel rispetto degli intervalli di legge, indipendentemente dai periodi di interruzione. Una volta raggiunto il tale limite, è ammesso un solo rinnovo.

Anche in questo caso, la legge consente ai contratti collettivi di primo e secondo livello un intervento integrativo, finalizzato a fissare una durata diversa.

Questo ruolo integrativo si svolge anche per aspetti meno noti ma comunque importanti nell’economia complessiva del rapporto. Il primo è il diritto di precedenza. L’articolo 24, comma 1 del Dlgs 81/2015 riconosce il diritto di precedenza al lavoratore che sia stato utilizzato con uno o più contratti a termine per un periodo superiore a 6 mesi, rispetto alle assunzioni a tempo indeterminato effettuate dall’azienda entro i successivi 12 mesi e con riferimento alle mansioni già espletate (analogo diritto è riconosciuto alle lavoratrici in congedo maternità, con piccole differenze). La disciplina legale può essere modificata, con ampio spazio di manovra, dalla contrattazione collettiva.

Un ruolo integrativo è previsto anche in tema di informazione verso le organizzazioni sindacali. L’articolo 19, comma 5, del Dlgs 81/2015 stabilisce che il datore di lavoro è tenuto a informare i lavoratori, le rappresentanze sindacali aziendali nonché quelle unitarie «circa i posti vacanti che si rendessero disponibili nell’impresa, secondo le modalità definite dai contratti collettivi». Questi ultimi definiscono, altresì, modalità e contenuti delle informazioni da rendere alle rappresentanze dei lavoratori in merito al lavoro a tempo determinato nelle aziende. La norma ha l’evidente finalità di agevolare l’ingresso a tempo indeterminato dei dipendenti assunti con il contratto a termine e a tal fine, a prescindere dal diritto di precedenza, si stabilisce il principio di massima circolazione delle informazioni sui posti disponibili.

Anche la formazione dei lavoratori a termine può essere oggetto di disciplina collettiva, seppure qui non l’intervento non è meramente integrativo: secondo l’articolo 26 del Dlgs 81/2015, i contratti collettivi possono disciplinare modalità e strumenti formativi per lavoratori assunti con contratto a tempo determinato, con lo scopo precipuo di aumentare la loro qualificazione, promuovere la loro carriera e migliorare la loro mobilità occupazionale.

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