Contrattazione

Solo metà dei co.co.pro e co.co.co diventa lavoratore subordinato

di Matteo Prioschi

Tra il 2010 e il 2016 i collaboratori attivi iscritti alla gestione separata dell’Inps sono diminuiti del 36,4% e i co.co.pro/co.co.co addirittura del 67% e circa la metà l’anno seguente alla cancellazione dalla gestione separata sono diventati lavoratori dipendenti. I dati emergono da un dossier statistico elaborato dall’Inps che sarà pubblicato a breve sul sito internet dell’istituto di previdenza.

Che i collaboratori iscritti, ed effettivamente attivi, siano diminuiti drasticamente negli ultimi anni lo si era già visto in base alle rilevazioni periodiche effettuate dall’Inps stesso. I provvedimenti normativi (legge Fornero del 2012 e Jobs act nel 2015) contro le false collaborazioni, le finte partite Iva e gli associati in partecipazione, messi a punto per contrastare rapporti di lavoro formalmente autonomi ma nei fatti assimilabili a quelli subordinati hanno prodotto effetti evidenti.

Il bacino complessivo dei collaboratori contribuenti iscritti alla gestione separata è passato da 1.426.365 persone del 2012 a 917.888 nel 2016. In tale universo, in cui rientrano diverse forme di lavoro, alcune tipologie di collaborazione hanno registrato diminuzioni molto rilevanti:
- i collaboratori a progetto sono passati a 647mila a 173mila, con in particolare un -54% tra 2015 e 2016;
- i collaboratori occasionali da 22mila sono diventati 7.776 (-59% nell’ultimo anno rilevato);
- gli associati in partecipazione sono calati da 51mila a 12.617 (-58% tra 2015 e 2016).

L’Inps ha poi verificato quanti, tra i collaboratori che hanno lasciato la gestione separata, nell’anno seguente sono diventati lavoratori dipendenti. Considerati nel loro complesso, il “flusso” è stato del 44% tra il 2010 e il 2014; nel 2015 sono diventati dipendenti quasi il 54% degli ex collaboratori, nel 2015 il 39,6 per cento.

Considerando solo co.co.pro e co.co.co iscritti in via esclusiva alla gestione, il tasso di trasferimento verso il lavoro subordinato è sempre stato poco superiore al 50%, eccetto nel 2015 in cui si è raggiunto il 64,3 per cento. Di questi, la maggior parte nel corso degli anni ha ottenuto un contratto a termine, salvo nel 2015, quando nel 60% dei casi invece sono diventati lavoratori a tempo indeterminato. Un effetto, rileva l’Inps, della decontribuzione triennale prevista in quell’anno per tali contratti.

Nel 2016, esaurito l’effetto del bonus, la proporzione si è invertita: il 61,5% ha ottenuto un contratto a tempo determinato e solo il 31,7% a tempo indeterminato. Nel 6,7% sono diventati apprendisti, contratto, questo, che negli anni considerati non ha mai raggiunto la quota dell’11 per cento.

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