Contrattazione

Somministrazioni a tempo: sì ai limiti, ma meno rigidi

di Alessandro Rota Porta

Spunta il doppio limite di utilizzo per contratti a termine e somministrazione, però più favorevole verso quest’ultima tipologia contrattuale: è uno degli effetti derivanti dalle modifiche apportate nel percorso parlamentare di conversione del decreto estivo 87/2018.

Le nuove disposizioni affiancano al limite di contingentamento - cioè il tetto già previsto dal Jobs act per il ricorso ai rapporti a tempo determinato in una stessa azienda – una seconda soglia, autonoma e destinata a regolare il ricorso alla somministrazione a termine, pari al 30% del numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza presso l’utilizzatore al 1° gennaio dell’anno di stipula dei contratti di somministrazione stessi. Nel computo della percentuale indicata, il legislatore ha incluso anche gli eventuali contratti a termine in forza presso il datore di lavoro.

Se si tratta di una novità in termini normativi, in realtà alcuni contratti collettivi già disciplinano con regole diverse il ricorso ai due tipi di contratto.

Peraltro, come avviene per il limite di utilizzo dei contratti a termine, anche la limitazione legale dei somministrati può trovare discipline diverse nella contrattazione collettiva (di qualsiasi livello) e non è stata modificata la previsione già esistente che ne esclude l’applicazione per la somministrazione a termine dei lavoratori “svantaggiati”. In pratica, se un’azienda ricorre solo a lavoratori a termine, deve far riferimento al limite legale del 20% rispetto ai contratti a tempo indeterminato. Se invece si avvale soltanto della somministrazione a termine ovvero sia di lavoratori a termine, sia di somministrati (sempre a termine) allora avrà un margine più ampio, quello del 30 per cento.

Le basi di computo dei tetti sui rapporti a termine e su quelli in somministrazione sono le stesse e in caso di inizio dell’attività in corso d’anno, il computo avviene sui lavoratori a tempo indeterminato in forza al momento della stipula del contratto.

In ogni caso, bisogna verificare – se presenti – i limiti e il loro funzionamento contenuti negli accordi collettivi. Nonostante la stretta, la somministrazione resta favorita rispetto al contratto a termine. Sono infatti diverse le conseguenze derivanti dallo sforamento dei tetti di contingentamento: sul fronte dei contratti a termine, si applica una sanzione dal 20 al 50% della retribuzione dei lavoratori in sforamento (a seconda che il numero di questi ultimi sia pari o superiore a uno), mentre l’infrazione del limite sulla somministrazione a termine fa scattare “solo” una sanzione da 250 a 1.250 euro per l’utilizzatore. In questo caso, resta ferma la possibilità per il lavoratore di chiedere la costituzione di un rapporto di lavoro all’utilizzatore.

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