Contrattazione

Cumulo di somministrazione nel tetto di 24 mesi

di Aldo Bottini

La causale è necessaria anche se il superamento dei 12 mesi avviene a seguito della proroga di un contratto originariamente inferiore ai 12 mesi. Quindi anche nel caso in cui al momento della proroga i 12 mesi non siano ancora trascorsi: basta che la durata prevista dell’estensione porti al superamento (previsto) dei 12 mesi. Questa la precisazione contenuta nella circolare 17/2018 relativa alla principale novità del decreto dignità, cioè la causale.

Sempre in materia di limiti di durata, la circolare ricorda che è ancora possibile, raggiunto il tetto dei 24 mesi, stipulare un ulteriore contratto di massimo 12 mesi presso l’Ispettorato del lavoro, che però sarà soggetto all’obbligo di causale, e rispetto ad essa (e alla sua validità) l’intervento dell’Ispettorato non avrà alcun “effetto certificativo”.

Quanto alle proroghe, il ministero da un lato ricorda che sono libere entro i primi 12 mesi, dall’altro afferma che la proroga presuppone che «restino invariate le ragioni che avevano giustificato inizialmente l’assunzione a termine»: quindi non è possibile modificare la motivazione in sede di estensione, altrimenti si tratterebbe di rinnovo. Quest’obbligo di “coerenza”, evidentemente, vale solo laddove il contratto fosse originariamente soggetto alla causale, perché ha durata iniziale superiore ai 12 mesi, ovvero nel caso di ulteriore proroga di un contratto già prorogato “causalmente” o ancora in caso di proroga di un contratto rinnovato anche prima dei 12 mesi, e non certo in caso di proroga di un contratto acausale.

Sul limite massimo di durata (per sommatoria) di 24 mesi dei rapporti a tempo determinato tra lo stesso lavoratore e lo stesso datore per mansioni di pari livello e categoria legale, che il ministero definisce significativamente «periodo massimo di occupazione», viene operata una correzione di rotta rispetto al passato. In una circolare del 2012 era precisato che il periodo massimo (allora di 36 mesi) costituiva un limite alla stipulazione di contratti a termine e non di ricorso alla somministrazione e che, pertanto, a limite raggiunto, sarebbe stato ancora possibile ricorrere alla somministrazione a termine con lo stesso lavoratore. Oggi si afferma invece che «il limite temporale di 24 mesi opera tanto in caso di ricorso a contratti a tempo determinato quanto nell’ipotesi di utilizzo mediante contratti di somministrazione a termine». È esclusa da tale limitazione (così come da ogni altra limitazione che non sia il tetto quantitativo del 30%) l’ipotesi in cui l’agenzia assuma il lavoratore a tempo indeterminato.

Si tratta di un’interpretazione restrittiva, che ispira anche l’affermazione secondo cui in caso di assunzione a termine di un lavoratore precedentemente utilizzato in somministrazione (e viceversa) è sempre necessaria l’indicazione della causale. Un’interpretazione perlomeno dubbia, considerato che la legge prevede la sommatoria tra somministrazione e contratto a termine solo ai fini del limite di durata, e non dell’obbligo di causale.

La circolare “salva” poi le disposizioni derogatorie (in tema di limiti quantitativi e di durata) contenute nei contratti collettivi in essere che, secondo il ministero, mantengono la loro validità sino alla loro naturale scadenza.

In merito alla forma scritta, si sottolinea l’eliminazione della possibilità di desumere il termine da elementi esterni al contratto, facendo però salve ipotesi particolari come quella della sostituzione della lavoratrice in maternità, della quale non è ovviamente possibile conoscere a priori la data di rientro.

Quanto al periodo transitorio, la circolare si limita a ricordare che la ratio di tale previsione è quella di «sottrarre i rinnovi e le proroghe dei contratti in corso alla immediata applicazione dei nuovi limiti», senza fornire alcuna ulteriore indicazione al riguardo. Il che ben si comprende, considerato che la circolare è stata emanata a poche ore dalla scadenza del periodo transitorio, conclusosi ieri.

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