Contrattazione

Sul tempo determinato il limite è di 36 mesi , ma attenti alle causali

di Alessandro Rota Porta

Anche negli studi dopo il decreto dignità (convertito nella legge 96/2018) è necessaria un’attenta mappatura dei contratti a termine e di somministrazione a tempo determinato.

Diventa quanto mai opportuno rileggere le disposizioni contenute nel contratto collettivo del comparto, per analizzarne la loro validità dopo il decreto 87. Vediamo allora quali sono gli aspetti da tenere in considerazione, per rispettare le regole introdotte dalla scorsa estate ed evitare sanzioni. Innanzitutto, per le assunzioni a termine – come avviene per la generalità dei datori di lavoro - si applicano le nuove regole in tema di indicazione della causale: in pratica, resta fuori dall’obbligo della motivazione soltanto il primo contratto a tempo determinato e solo se di durata non superiore a 12 mesi.

Le causali
Le “giustificazioni” del contratto vanno indicate invece:

- se il primo contratto a tempo determinato supera i 12 mesi;

- nei rinnovi di contratti a termine con lo stesso lavoratore;

- in caso di proroga di un primo contratto a termine in essere, se la proroga porti il rapporto ad una durata complessiva superiore ai 12 mesi.

Le causali ammesse sono:

- esigenze temporanee e oggettive, estranee all’ordinaria attività;

- sostituzione di altri lavoratori;

- esigenze connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili dell’attività ordinaria.

Invece, per quanto concerne il tetto temporale di utilizzo, il Ccnl degli studi fissa la durata massima del rapporto di lavoro concluso fra un datore di lavoro o utilizzatore e un lavoratore per lo svolgimento di qualunque tipo di mansione, sia nella forma del contratto a tempo determinato che in quella del contratto di somministrazione a tempo determinato, in 36 mesi, proroghe comprese. Questa disposizione sopravvive alle novità del decreto dignità, come chiarito dalla circolare del Lavoro 17/2018. Ma il numero delle proroghe è passato da cinque a quattro.

I limiti quantitativi
Infine, non va dimenticato il rispetto dei limiti quantitativi di utilizzo del contratto a termine e della somministrazione: circa il primo tetto, il Ccnl prevede quote diverse a seconda del numero di lavoratori a tempo indeterminato occupati dallo studio stesso. In particolare:

- le strutture che occupano fino a 5 dipendenti a tempo indeterminato possono assumere fino a 3 lavoratori a termine;

- quelle da 6 a 15 non possono eccedere il 50% del numero dei lavoratori a tempo indeterminato;

- quelle con più di 15 non possono superare il limite del 30 per cento.

Peraltro, i datori di lavoro che applicano il Ccnl degli studi possono superare queste limitazioni nelle fasi di avvio di nuove attività per i primi 18 mesi (elevabili a 24 mesi dalla contrattazione territoriale), per ragioni di carattere sostitutivo, con lavoratori di età superiore a 55 anni.

Queste previsioni contrattuali restano tuttora valide anche dopo l’entrata in vigore della legge 96. Se, però, lo studio si trovasse ad impiegare sia lavoratori a termine che lavoratori somministrati (o soltanto questi ultimi), allora dovrà contenere la sommatoria di entrambi i rapporti nel limite del 30% del numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza presso lo studio al 1° gennaio dell’anno di stipula dei contratti.

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