Contrattazione

Tutela rafforzata per gli assunti prima del 7 marzo 2015

di Monica Lambrou

Per individuare la forma di tutela applicabile nei confronti dei lavoratori coinvolti in procedure di licenziamento collettivo, occorre, in primo luogo, prendere in considerazione le tempistiche di instaurazione del rapporto. Il legislatore è intervenuto più volte, infatti, per regolare i licenziamenti “economici”, nei quali vanno incluse senza dubbio le riduzioni di personale in base alla legge 223/1991.

Assunti a tutele crescenti
Non paiono sussistere margini di incertezza sui licenziamenti collettivi intimati a lavoratori assunti dopo l’entrata in vigore del Dlgs 23/2015 sul contratto a tutele crescenti: al netto dell’ipotesi residuale dell’assenza di forma scritta - cui si deve eventualmente una tutela reintegratoria piena- in tutti gli altri casi il giudice può condannare il datore soltanto al pagamento di un’indennità risarcitoria. Ciò vale, peraltro, a prescindere dalla tipologia di vizio riscontrabile nel comportamento datoriale, sia esso meramente inerente gli adempimenti procedurali o più pregnante.

Addetti soggetti all’articolo 18
Il discorso cambia considerevolmente per i rapporti instaurati prima del 7 marzo 2015, ai quali debba - ancora - applicarsi l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori (legge 300/1970), come modificato dalla riforma Fornero (legge 92/2012). In questo caso – e sotto il profilo sanzionatorio – viene in rilievo, appunto, la natura dell’illegittimità dei provvedimenti. Ove i vizi accertati siano strettamente inerenti all’iter procedimentale e, in particolare, ai vari adempimenti prescritti in capo al datore di lavoro in base all’articolo 4 della legge 223/1991, il lavoratore ha diritto esclusivamente alla tutela indennitaria piena, ovvero il pagamento di un’indennità risarcitoria onnicomprensiva determinata tra un minimo di dodici e un massimo di ventiquattro mensilità di retribuzione (articolo 18, comma 5, della legge 300/1970). Le ipotesi riscontrabili di questa casistica sono numerose: da irregolarità nella trasmissione della comunicazione di avvio della procedura alle organizzazioni sindacali, sino, ad esempio, al mancato rispetto dei tempi di conclusione della procedura stessa.

Un apparato più garantista è applicabile, al contrario, per veri e propri vizi sostanziali, cui consegue, sulla base della normativa e della giurisprudenza, una forma di tutela reale. È il caso, generalmente più frequente nella prassi, della violazione dei criteri di scelta dei lavoratori da collocare in mobilità, previsti dall’articolo 5 della legge 223/1991. La disposizione, in assenza di diverse pattuizioni in sede di contrattazione collettiva, impone di considerare «carichi di famiglia, anzianità e esigenze tecnico-produttive ed organizzative». Se in sede giudiziaria è accertato che l’individuazione dei dipendenti in esubero deriva da un’erronea applicazione da parte del datore della norma citata ovvero dei criteri diversamente stabiliti contrattualmente, il datore non può che essere condannato alla reintegrazione nel posto di lavoro e al pagamento di un’indennità per il periodo intercorrente dal giorno del licenziamento sino a quello dell’effettiva reintegrazione (articolo 18, comma 4, della legge 300/1970).

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©