Contrattazione

Sileoni (Fabi): «Basta deroghe e più chiarezza sul contratto dei bancari»

di Cristina Casadei

Il 2019 sarà l’anno del contratto dei 330mila bancari. Meglio, dei contratti dei bancari, visto che sono ancora due: uno in capo ad Abi e uno a Federcasse. E visto che le premesse, che siano scritte o no, poi entrano negli accordi, Lando Maria Sileoni, il segretario generale degli autonomi della Fabi, che è la prima organizzazione sindacale del credito, comincia il 2019 con il proposito di «fare chiarezza».

Sileoni nel credito ci sono sempre state relazioni industriali costruttive. Che cosa non è chiaro?
La centralità del contratto collettivo nazionale. Nel prossimo rinnovo del contratto chiederemo di approfondire un aspetto che, come Fabi, consideriamo fondamentale, ossia che cosa prevedono le normative sul tema delle deroghe al contratto nazionale.

Perché?
Non c’è chiarezza di fondo rispetto alle norme esistenti. Esistono gli accordi confederali che la Fabi non ha firmato e che riguardano altri settori. Esistono alcune norme che sono parte integrante del Jobs act e che prevedono delle deroghe al contratto collettivo nazionale. E poi ci sono anche alcuni argomenti nel contratto stesso su cui sono possibili deroghe.

Qual è il problema?
La maggior parte delle norme prevede l’utilizzo di questi accordi nel caso di aziende che sono in crisi, chiudono con gravi perdite o nel caso di rilevanti ristrutturazioni aziendali. Quest’ultimo tema dovrebbe essere chiaro, ma spesso viene abusato e anche una minima ristrutturazione aziendale viene fatta passare per rilevante. Fare chiarezza significa garantire la centralità del contratto nazionale e offrire maggiori garanzie a tutte le banche. I grandi gruppi bancari usano i piani industriali per farsi la guerra tra di loro. Lo stesso accade anche sul costo del lavoro: ne sono prova le esternalizzazioni. Ed è per questo che noi ribadiamo che il rafforzamento dell’area contrattuale è la spina dorsale della trattativa.

E poi ci sono le piccole banche.
Come Fabi dobbiamo garantire stesse condizioni e tutele ai lavoratori di tutte le banche. La concorrenza spietata dei grandi gruppi finisce con lo schiacciare le medie e piccole aziende. Affermare che il contratto nazionale è centrale significa avere chiari quali sono realmente i paletti una volta che si aprono trattative sindacali nei gruppi.

Premesso questo, le piattaforme unitarie per il rinnovo del contratto sono pronte? Da Abi hanno sottolineato che non ci sono. Giusto?
Il problema non è il fatto che non ci sono le piattaforme. Qui siamo al di là delle piattaforme. La trattativa non parte perché ha i suoi tempi tecnici. Una volta che le assemblee dei lavoratori avranno dato il via libera la trattativa decollerà, ma, ripeto ancora una volta, prima bisogna chiarire fin dove le parti possono poi spingersi nelle aziende. I manager che guidano la trattativa per il rinnovo del contratto non possono essere gli stessi che poi in presenza di una lieve riorganizzazione propongono deroghe al contratto.

Sileoni ci faccia un esempio di deroga.
Il contratto ibrido di Intesa Sanpaolo, firmato dopo il rinnovo del contratto nel 2015.

Lo smart working è stato uno dei temi che ha impattato fortemente sull’organizzazione del lavoro e che è stato sperimentato ormai in molti gruppi. Ritiene che se ne debba discutere anche a livello nazionale?
Lo smart working doveva essere uno strumento da sperimentare anche per gestire gli esuberi. Invece è servito per abbattere il costo del lavoro e per far diventare il cost/income dei grandi gruppi bancari il più basso d’Europa. In ogni caso ritengo che non sia la strada giusta quella di chiudere un contratto nazionale e poi, un secondo dopo, nei grandi gruppi, iniziare con la sperimentazione dello smart working.

Perché dice che serve per abbassare il costo del lavoro?
Una volta che i lavoratori cominciano a stare fuori dall’azienda, a poco a poco è facile lo scivolamento verso il part time. Se ci fosse stata una cornice nazionale e i grandi gruppi non avessero cominciato a fare sperimentazioni sullo smart working un minuto dopo la firma del contratto del 2015, sarebbe oggi più facile monitorare l’uso dello strumento e tutelare i lavoratori. Questa è una deroga mascherata.

Complice anche la crisi, negli ultimi contratti che avete firmato avete fatto molta manutenzione. Questa tornata, visto che c’è un certo dinamismo nel settore, che contratto farete?
Se le banche vogliono fare un contratto che sia la fotografia del cambiamento in atto e dell’impatto che ha sull’organizzazione del lavoro, se si creeranno le condizioni noi siamo favorevoli. Ma se l’obiettivo è quello di fare un contratto leggero in modo da aver poi le mani libere nei gruppi noi diciamo no. C’è un tema di garanzie per tutte le aziende e di equità per tutti i lavoratori: chi lavora in una piccola banca è bancario tanto quanto chi lavora in un grande gruppo.

Sono giornate difficili per alcuni lavoratori che anche lei rappresenta. Oggi in Carige è partito il commissariamento. Nel 2019, oltre che sul contratto, crede che i sindacati saranno impegnati anche sul fronte delle aggregazioni?
Nel breve termine vedo il consolidamento di un polo assicurativo con un gruppo bancario di media rilevanza e l’interessamento da parte di un importante gruppo bancario su Carige. Poi nel medio termine sicuramente le due ex popolari cercheranno di rafforzarsi. Quando rinnoveremo il contratto dovremo avere gli strumenti necessari per gestire questa prospettiva. Ed è chiaro che con questo governo le soluzioni andranno trovate all’interno del settore perché difficilmente concederà risorse per gestire le crisi bancarie.

La prossima settimana c’è un incontro con Federcasse. Ma lo farete o no il contratto?
Se ci saranno le condizioni sì.

E quali sarebbero?
Noi rigettiamo l’idea che possano essere dichiarati esuberi a livello di settore. Dobbiamo garantire un equo riconoscimento economico ai lavoratori e creare gli strumenti per gestire eventuali tensioni occupazionali che potrebbero essere dichiarate dai gruppi. Federcasse deve però avere autonomia decisionale se vuole legittimarsi politicamente sia con i neogruppi bancari sia con le organizzazioni sindacali.

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