Contrattazione

A Brescia beni e servizi contrattati quasi nel 70% delle imprese

Lo hanno battezzato il caso della metalmeccanica bresciana. Il termometro territoriale, misurato attraverso l’Ubi welfare index, fa dire che le aziende bresciane, che nel complesso adottano misure di welfare, sono quasi il 70% (68,2% delle aziende). La diffusione è dunque piuttosto vasta, con una welfarizzazione, ossia conversione del premio di produttività in welfare, che nelle aziende medio grandi raggiunge il 46,8%. Tra le misure contrattate prevale la formazione in ambito contrattuale dei lavoratori (27,6%), seguita da flexible benefit, buoni acquisto, buoni pasto, mentre sanità integrativa e previdenza complementare compaiono in un numero ridotto di contratti, circa l’8,5%, perché queste prestazioni sono disciplinate dal contratto collettivo nazionale.

Le misure di conciliazione sono presenti in un’azienda su dieci e si tratta di un insieme di misure riguardanti alcuni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro, come la flessibilità in entrata e uscita, i permessi e il part time, per facilitare la gestione del lavoro e della vita personale. Con un’attenzione sempre più forte alle flessibilità per la gestione di malattie croniche o di una certa gravità, come mostrano gli accordi di Alfa Acciai, Lanfranchi e Lacam.

Nel caso di Brescia, rileva Adapt, queste misure si affiancano ad altre iniziative promosse sul territorio con la partecipazione delle imprese, come accade nel caso delle reti di conciliazione. È anche grazie alla complementarietà di infrastrutture strategiche allo sviluppo del territorio che si può creare un valore condiviso che dia una dimensione unitaria. Nel caso di Brescia il territorio viene quindi considerato come uno spazio di pianificazione dove alle parti sociali viene dato un ruolo da protagoniste nelle iniziative che vengono messe in atto.

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