Contrattazione

Contratti a termine, decreto dignità alla prova della fase applicativa

di Giampiero Falasca

Uno dei problemi più rilevanti del Dl 87/2018 (decreto dignità) è il grande tasso di incertezza che ne accompagna l’applicazione: le nuove regole sono foriere di molteplici interpretazioni, spesso diverse e contrapposte, che non lasciano dormire sonni tranquilli alle aziende.

Questa incertezza, che investe tutti i punti più qualificanti della riforma, a partire dalle nuove causali, è tornata alla ribalta nei giorni scorsi quando Federmeccanica, con una nota del 2 aprile, ha preso posizione sull’interpretazione di alcune norme collettive che regolano la durata massima dei rapporti a termine.

Il caso riguarda la durata massima dei rapporti di lavoro a tempo determinato (diretti oppure nell’ambito di un rapporto di somministrazione), che il decreto dignità ha ridotto da 36 a 12 mesi (si arriva a 24 mesi se sussistono le causali), lasciando inalterata la possibilità per i contratti collettivi di stabilire una durata maggiore.

Alcuni contratti, come quello dei metalmeccanici, già prima del Dl 87/2018 regolavano il tema: il Ccnl di settore stabilisce che la sommatoria di periodi di lavoro a tempo determinato e periodi di missione con contratto di somministrazione non possa superare i 44 mesi complessivi, anche non consecutivi.

Questa norma, secondo la circolare di Federmeccanica, non ha lo scopo di innalzare il periodo di durata massima dei rapporti a termine (diretti, oppure a scopo di somministrazione), che restano regolati dalle norme tempo per tempo vigenti, ma si limita a fissare la soglia che non può essere superata in caso di sommatoria dei periodi di lavoro svolti con tali contratti.

A fronte di tale lettura, secondo Federmeccanica la durata massima dei rapporti in somministrazione nel settore metalmeccanico non può superare il tetto massimo di 12 mesi previsti dal decreto dignità (24, in caso di sussistenza della causale).

Una ricostruzione che può avere un impatto sulle norme del recente rinnovo del Ccnl agenzie per il lavoro, il quale “aggancia” la durata massima dei rapporti a termine in somministrazione stipulati dalle imprese di settore alla soglia fissata dal Ccnl degli utilizzatori.

La complessità di questo (inevitabile) intreccio di regole accentua il clima di generale incertezza che sta accompagnando l’applicazione della riforma. Clima che, nel lungo periodo, finirà per generare un forte vantaggio per il lavoro irregolare: di fronte a tanti problemi applicativi, potrebbe diventare meno forte il disincentivo a stipulare un falso contratto di collaborazione coordinata e continuativa o un contratto di lavoro autonomo che maschera una prestazione dipendente (e che, con l’ampliamento del regime forfettario, può essere conveniente anche per i lavoratori).

Per evitare che questo accada, bisogna ripensare le regole del decreto dignità, eliminando burocrazie e incertezze applicative, rendendo conveniente l’utilizzo del lavoro flessibile regolare (la somministrazione e il contratto a termine) e frenando pericolose tentazioni di fuga verso contratti precari e illeciti.

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