Contrattazione

Sileoni: «Bancari, basta proroghe si faccia il contratto»

di Cristina Casadei

«Il primo incontro con l’Abi per il rinnovo del contratto dei bancari è il 12 giugno. Chiederemo un calendario per giugno e luglio e vorremo risposte immediate da parte delle banche». Il segretario generale degli autonomi della Fabi, il primo sindacato dei bancari, Lando Maria Sileoni, ha le idee chiare, ancor di più oggi, dopo le assemblee dei lavoratori che hanno approvato la piattaforma sindacale con il 99% di sì.

Perché chiede risposte immediate?
A oggi Abi non ha una linea e prova ne è il fatto che i banchieri conoscono la piattaforma da tempo (anche se ufficialmente è stata inviata la scorsa settimana, ndr) e non hanno ancora preso una posizione. È inaccettabile che non venga presa una posizione. Vorrei ricordare che quando erano presidenti del Casl Francesco Micheli, Alessandro Profumo e successivamente Omar Lodesani, quando si parlava di contratto nazionale la posizione dell’Abi è stata resa pubblica ai sindacati subito.

Questa tornata cosa sta succedendo?
Abi sembra non avere una posizione sulla parte economica, né sulla contrattazione di secondo livello e sulla gestione dei piani industriali. Manca un’assunzione di responsabilità da parte del Casl e dello stesso presidente del Casl (Salvatore Poloni, ndr). I gruppi sono in concorrenza tra loro e hanno visioni diverse, quindi pur conoscendo la piattaforma non viene espressa una linea.

Solo questo?
Vogliono prendere tempo in modo da poter superare il 2019. Un eventuale accordo fatto nel 2019 peserebbe troppo sui bilanci.

I sindacati invece hanno una linea precisa? Anche sui tempi?
Noi abbiamo una linea concreta che è stata espressa nella piattaforma. Abbiamo chiesto 200 euro di aumento, una migliore qualità della vita professionale dei lavoratori con lo stop alle pressioni commerciali su cui sorveglieremo, il rafforzamento dell’area contrattuale, la fine del salario di ingresso per i giovani. Ad ogni nostra richiesta corrisponde una motivazione di carattere tecnico e politico che è incontrovertibile. Noi chiediamo 200 euro di aumento e argomentiamo il perché. Se le banche diranno no, con quali argomenti lo faranno? Bankitalia dice che tra il 2017 e il 2018 i ricavi da margini di intermediazione delle banche sono rimasti pressoché stabili e le banche sono intervenute solo sui costi che sono scesi di 2,2 miliardi. Di questi una parte consistente sono i costi del personale. È l’ennesima dimostrazione che le banche stanno facendo utili con il taglio dei costi e per i minori accantonamenti sui crediti deteriorati. Le nostre richieste sono chiare, mentre le banche non hanno una piattaforma e hanno già escluso di presentarcene una.

Nel frattempo però cosa dice la categoria?
Come è emerso dalle assemblee i bancari chiedono che il rinnovo si faccia. Quanto alla tempistica voglio comunque precisare che le scadenze e le decorrenze, come per esempio quella che riguarda il congelamento del Tfr, sono rimaste inalterate. Ci sono state proroghe ma la decorrenza non cambia.

Il vostro obiettivo qual è?
Andrà trovato un equilibrio ma noi non faremo passi indietro. Una cosa deve essere chiara: finché io sarò segretario generale della Fabi, il contratto ibrido a livello nazionale non lo firmerò mai perché significa l’inizio della morte della categoria.

Nel gruppo Intesa Sanpaolo però il contratto ibrido, metà dipendente, metà partita iva è stato introdotto, con un accordo sindacale. Non basta questo per dire che è stata aperta una strada?
Si è sperimentato ma poi vedremo come andrà a finire. Se la trattativa per il rinnovo del contratto nazionale si chiuderà senza il contratto ibrido anche il gruppo Intesa dovrà regolarsi di conseguenza.

Esistono sempre le deroghe al contratto nazionale però.
Ma serve l’accordo con il sindacato e se le banche vogliono regolamentare l’introduzione di una deroga lo devono fare nel contratto nazionale. Non dimentichiamo che ci sono già tutta una serie di norme che si sovrappongono, alcune firmate dai sindacati confederali, magari per altre categorie, e non dalla Fabi. Poi ci sono argomenti che possono essere derogati a livello di gruppo. Se prendiamo il contratto nazionale, vi si parla di deroghe all’organizzazione del lavoro che significa tutto e niente. Il nostro obiettivo è fare chiarezza sulle deroghe e definire quali si possono fare a livello aziendale e di gruppo.

Al di là delle dichiarazioni di intenti, dei contratti ibridi e dello smart working, nelle banche ci sono modelli organizzativi nuovi?
Non vedo grandi innovazioni nel mondo del credito. Contratti ibridi e smart working non sono stati punto di partenza di nuovi modelli organizzativi ma strumenti per l’abbattimento dei costi.

Quando avete rinnovato l’ultimo contratto, nel 2015, i bancari erano 310mila. Oggi sono scesi molto al di sotto della soglia dei 300mila. Come vorrebbe che fosse la categoria quando si concluderà il prossimo contratto?
Gli amministratori delegati dovrebbero, come già ha fatto qualcuno, parlare direttamente con le persone, i territori, le imprese, i clienti, tralasciando la politica perché la politica non sosterrà le banche. C’è una generazione nuova, magari non proprio anagraficamente, che è attenta alle iniziative sul territorio a cui va il plauso del sindacato. Adesso però basta con gli scandali, la categoria dovrà essere una categoria che vive all’interno di banche sane e ben gestite e che difende la clientela, come è accaduto sul caso diamanti in Banco Bpm quando a Lucca sono scesi in piazza i bancari e la clientela. Questo contratto dovrà servire ai lavoratori per dare un segnale di cambiamento reale ai territori, alle famiglie, alle imprese. Sarà un contratto che si apre all’esterno abbracciando la clientela. Lo schema con cui si scenderà in piazza, eventualmente, sarà quello di Lucca.

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