Contrattazione

Contratti collettivi e di prossimità per «salvare» il lavoro a termine

di Giampiero Falasca

Contratti collettivi nazionali e aziendali e contratti di prossimità per derogare alla stretta sul lavoro a termine introdotta dal Dl 87/2018. Sono le due strade che si stanno affermando, per arginare le conseguenze del provvedimento in vigore dal 14 luglio 2018, che ha costretto le imprese a rivedere interamente i propri piani di gestione del lavoro flessibile.

La contrattazione collettiva ha cercato di attutire alcune rigidità, seguendo due livelli di intervento:
sono stati usati i rinvii che la legge opera in favore della contrattazione di primo e secondo livello;
hanno iniziato diffondersi i “contratti di prossimità”, ovvero gli accordi aziendali in deroga alle norme di legge, disciplinati dall’articolo 8 della legge della legge 148/2011 (di conversione del Dl 138/2011). Si collocano nel primo filone i Ccnl intervenuti sugli istituti che la legge – anche dopo il Dl 87/2018 – assegna alla contrattazione collettiva, come la durata massima dei rapporti a termine, i limiti quantitativi e l’individuazione del lavoro stagionale.

Durata e contingentamento
L’accordo siglato il 31 luglio 2018 per il settore del cinema e dell’audiovisivo ha previsto «deroghe al numero massimo di contratti di lavoro a tempo determinato», stabilendo che le aziende potranno superare il tetto quantitativo massimo del 20%, introdotto dal Dlgs 81/2015 e rimasto invariato dopo il Dl 87/2018 (che ha aggiunto un ulteriore tetto del 30%, applicabile alla sommatoria dei contratti a termine e dei rapporti di somministrazione a tempo determinato). L’accordo prevede inoltre la possibilità, per i datori di lavoro, di superare il tetto di 24 mesi applicabile ai rapporti di lavoro a termine e di superare il numero massimo di proroghe.

Il tema della durata massima è stato affrontato anche dal rinnovo del Ccnl per i lavoratori somministrati siglato il 21 dicembre 2018. L’accordo ha allungato sino a 48 mesi il periodo di durata massima del rapporto a tempo determinato che può intercorrere tra un’agenzia per il lavoro e un somministrato (ferma restando la durata massima di 24 mesi di una singola missione presso lo stesso utilizzatore). L’intesa ha stabilito poi che le anzianità lavorative maturate prima del 1° gennaio 2019 si calcolano entro il limite massimo di 12 mesi, anche se il rapporto tra le parti ha avuto in concreto una durata maggiore. In questo modo, viene di fatto allungato il periodo di lavoro che può ancora essere svolto a tempo determinato dai somministrati che hanno accumulato lunghi periodi di attività prima dell’entrata in vigore del Dl 87/2018.

Altri accordi collettivi si sono concentrati sul lavoro stagionale, definendo con precisione quali attività lavorativa possono rientrare nella nozione: un intervento opportuno, perché consente di “sottrarre” i relativi rapporti a termine alle rigidità del decreto.

È il caso dell’intesa sul trasporto aereo firmata l’11 novembre 2018, che ha regolato la stagionalità nell’ambito delle attività operative per un periodo massimo di sei mesi, compresi tra aprile e ottobre di ogni anno, e di quattro mesi per periodi diversamente distribuiti, facendo sì che i periodi di lavoro svolti con contratti di lavoro a tempo determinato stagionali non concorrano a determinare il limite di durata massima fissato dalla legge.

Su un binario diverso – ma non necessariamente alternativo – si sono collocati gli accordi di prossimità, quelle intese che – a determinate condizioni – consentono di derogare alle norme di legge, anche senza un rinvio espresso del legislatore al potere integrativo del contratto collettivo. Queste intese si diffondono sempre di più, perché sono particolarmente adatte a modellare i vincoli legali in funzione delle esigenze delle imprese e dei loro dipendenti, anche se non sono molto pubblicizzate.

Causali
L’istituto che domina negli accordi di prossimità è la causale: gli accordi spostano nel tempo il momento nel quale diventa obbligatoria la sua introduzione (allungando, quindi, il periodo della cosiddetta acausalità), o individuano causali aggiuntive rispetto a quelle legali. Queste intese sono valide a condizione che rispettino alcuni parametri normativi molto stringenti, e devono essere necessariamente siglate al secondo livello contrattuale, quindi su base territoriale o aziendale. Non è ammessa la stipula di accordi di prossimità a livello nazionale: sono, quindi, inefficaci eventuali clausole di accordi collettivi nazionali che introducono nuove causali o cambiano le regole previste dal Dl 87/2018 su questo tema.

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