Contrattazione

Al lavoro in bici o col car sharing, “ pagano” azienda e città

di Matteo Meneghello

Predisporre una serie di armadietti per il cambio dà diritto a 4 punti, mentre costruire docce o dotarsi di asciugatrici si traduce in soli 2 punti. Meglio allora organizzare un’officina di riparazione all’interno dell’azienda (7 punti), oppure puntare ancora più in alto, acquistando uno stock di biciclette da mettere disposizione dei lavoratori, guadagnando in questo caso ben 8 punti. L’Europa vara per la prima volta un tentativo di creare uno standard comune per misurare le aziende sensibili alla mobilità su due ruote. Lo fa creando il bollino Cfe, vale a dire la Cycle friendly employer certification, che si può ottenere mettendo in pratica alcune tra le azioni raccolte in elenco dettagliato (sono una sessantina, raggruppate in sei categorie). L’Italia intanto sta (più o meno) a guardare. «A settembre - spiega Francesco Baroncini, direttore di Fiab, federazione italiana ambiente e bicicletta, - lanceremo anche noi l’iniziativa per la parte italiana. Speriamo di scoprire molte imprese amiche della bicicletta e rilasciare i primi attestati. Già con bike to work, che organizziamo da qualche anno e che partirà dal 20 settembre per finire il 31 ottobre, stiamo però scoprendo realtà interessanti».

A livello istituzionale, i Piani urbani della mobilità sostenibile (Pums) sono ormai una realtà, come confermano i dati dell’Osservatorio 2018 di Euromobility (l’associazione nata per promuovere la figura del mobility manager tra imprese private, enti e pubbliche amministrazioni la figura del Mobility Manager): Brescia e Foggia si sono aggiunte a Parma e Prato come città che hanno completato l’iter dei rispettivi piani, mentre Ravenna, Siracusa e Taranto hanno provveduto all’adozione nell'ultimo anno, raggiungendo Bari, Forlì, Milano, Pescara, Reggio Calabria e Torino. Altre 24 città stanno redigendo il proprio Pums. Le 13 città che invece non hanno ancora avviato il processo di redazione (erano 25 l’anno scorso) dovranno provvedere a breve.Sono 10 su 50 le città nelle quali invece non è presente il mobility manager di area, né a livello comunale né a livello provinciale.

Dal decreto Ronchi del 1998 in poi, sono molte le aziende italiane ad avere fatto passi da gigante nel campo della mobilità sostenibile. Alcune si sono attrezzate dotandosi di un mobility manager e hanno raggiunto in molti casi standard europei. «Il bike to work - conferma Baroncini - sta iniziando a diffondersi. Le aziende si stanno rendendo conto che un dipendente abituato a usare la bici per venire al lavoro spesso è più puntuale ed è in salute: ci sono studi medici che dimostrano che un lavoratore ciclista si ammala 2 giorni in meno all’anno rispetto alla media». È una scelta ad ampio raggio, che può comprendere anche incentivi ai lavoratori che usano le due ruote per il tragitto casa-lavoro o per l'acquisto della bici e che rientrano, seppure marginalmente, nella strategia di employer branding di una società.

Incentivare la mobilità ciclistica, nell’analisi di Fiab, può essere una soluzione anche per le aziende che faticano a disporre di parcheggi per i dipendenti. «Queste aree possono avere un costo anche rilevante - spiega Baroncini -, ed è spazio improduttivo». Oltre alla bicicletta, che comunque in Italia resta ancora la soluzione più «estrema», i mobility manager italiani hanno concentrato la loro attenzione anche su altre alternative all’utilizzo dell’auto privata. Nelle grandi città, come confermano i dati di Share now (controlla Car2go a Milano, Roma, Firenze e Torino e Drivenow a Milano), il car sharing è una soluzione sempre più diffusa tra le aziende. Nel 2018 car2go ha registrato un incremento del 35% nelle registrazioni al servizio b2b rispetto al 2017. I clienti sono circa 25mila (a fronte di oltre 640mila privati), di cui 10mila a Milano, 8mila a Roma, 2.500 a Firenze e 4.500 a Torino. Il pacchetto offerto non varia rispetto alle proposte per i privati, con prezzi tra i 31 e i 34 centesimi al minuto per Drivenow e 19-31 centesimi al minuto per car2go. Con l’utilizzo del business profile, in generale, i dipendenti possono ricevere le fatture e utilizzarle in modalità nota spese; oppure è possibile creare un corporate account al quale connettere i dipendenti: gli spostamenti possono essere visualizzati online e la fatturazione è diretta all’azienda. Tra le realtà che a Milano hanno sposato il car sharing come soluzione per una mobilità sostenibile c’è Allianz, che deve gestire soprattutto la complessità dei flussi in accesso alla sede di CityLife. La società ha stipulato una convenzione con Sharengo per le vetture elettriche. L’anno scorso è stato avviato anche il car pooling, realizzato con Bepooler: i idipendenti utilizzano un unico mezzo e hanno assicurato il posto auto nei parcheggi delle sedi milanesi. La maggior parte dei dipendenti delle sedi metropolitane fruiscono poi delle convenzioni per gli abbonamenti ai trasporti urbani ed extra-urbani. Proprio in questi mesi è in corso di progettazione un’iniziativa che incentiverà l’uso della bici.

In prima linea ci sono anche le realtà piccole. In alcuni casi con scelte di frontiera, come nel caso di Andriani, azienda pugliese specializzata nella produzione di pasta senza glutine che ha messo a disposizione dei dipendenti un parco di bici a pedalata assistita per il tragitto casa-lavoro e nel tempo libero, con gps per monitorare i km mensili, sulla base dei quali ogni lavoratore ha ricevuto un premio in busta paga. Con questa iniziativa ha erogato circa 11mila euro in busta paga, assegnando 65 biciclette. Punti pesanti per diventare, magari in futuro, un cycle friendly employer di tutto rispetto.

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