Contrattazione

Stagionali, il decreto Dignità fa crescere il turn over

di Giorgio Pogliotti

Tra gli stagionali cresce il turn over: tra gennaio e maggio, nel confronto con il 2018 ci sono più assunzioni (i nuovi rapporti di lavoro sono passati da 269mila a 285mila) e più stabilizzazioni (da 1.903 a 2.503), ma sono aumentate anche le cessazioni (da 142mila a 150mila). L’osservatorio dell’Inps evidenzia che il saldo occupazionale dei primi cinque mesi è in aumento rispetto allo stesso periodo del 2018: si è passati da 125mila a 132mila rapporti di lavoro. Ma l’ultimo dato mensile, quello di maggio - più influenzato dalle dinamiche del turismo - segna una diminuzione del saldo dei rapporti di lavoro esistenti, che resta positivo ma scende da 62mila a 55mila.

Sulle dinamiche occupazionali ha inciso la nuova disciplina dei contratti a termine del decreto Dignità che, tra l’altro, prevede una maggiorazione dello 0,5% da pagare in occasione di ogni rinnovo, facendo salvi i pochi contratti stagionali stipulati in base al Dpr 1525 del 1963. «Il decreto ha introdotto un extracosto sui rinnovi contrattuali che rappresenta un disincentivo alla riassunzione della stessa persona - spiega Marina Lalli vicepresidente Federturismo-Confindustria -. Invece di pagare il contributo aggiuntivo per lo stesso lavoratore, molte aziende hanno preferito assumere personale non formato, con la conseguenza che, per effetto del decreto dignità, si assiste ad una perdita della continuità occupazionale e ad un abbassamento delle professionalità. È aumentato il turnover, a scapito della qualità». Federturismo Confindustria, Confindustria Alberghi e Filcams-Cgil, Fisascat-Cisl e UilTucs-Uil con un avviso comune hanno chiesto al Governo di intervenire eliminando la «grave distorsione» contenuta nel decreto Dignità, sottolineando che nelle imprese alberghiere il ricorso al lavoro a termine di tipo stagionale è fisiologico. «L’incremento progressivo ed illimitato del costo della persona disincentiva la riassunzione del dipendente già formato», sostengono le parti sociali «si favorisce la ripetuta sostituzione delle risorse da assumere: un incentivo alla precarietà, in contrasto con la volontà dichiarata della legge».

Il lavoro stagionale, come è intuibile, si concentra in alcuni mesi dell’anno. Sempre secondo i dati Inps, i lavoratori stagionali dipendenti da strutture ricettive (alberghi, campeggi, villaggi turistici, residence etc.) nella media annuale del 2018 sono stati 91.791, con un massimo di occupati nel mese di agosto (170.954 unità) e un valore minimo nel mese di novembre (30.193 unità). L’occupazione nei mesi estivi cresce del 66% nei parchi divertimento (i principali, nel picco stagionale tra maggio e settembre, impiegano da 600 ad oltre 1.500 lavoratori tra fissi e stagionali) e del 35% nelle aziende ricettive.

Con lo strumento della contrattazione le parti sociali hanno cercato di ridurre l’impatto negativo della nuova disciplina dei contratti a termine sull’occupazione, individuando attività di lavoro stagionale oltre a quelle elencate nel Dpr del 1963. «L’esenzione della stagionalità dalla reintroduzione delle causali, non è stata esplicitata in modo chiaro, - spiega Guido Lazzarelli responsabile delle relazioni sindacali di Confcommercio -, anche la circolare ministeriale fa riferimento alla stagionalità di legge del Dpr del 1963, che ha un perimetro piuttosto limitato. Siamo riusciti a ridurre le conseguenze negative sull’occupazione attraverso la contrattazione. Il recente accordo con i sindacati firmatari del Ccnl e con l’Ugl ha confermato la previsione del contratto del terziario nelle località a prevalente vocazione turistica, individuate con accordi territoriali, dove non valgono i limiti della nuova disciplina del contratto a termine sulla durata, sul cosiddetto stop and go e sulle percentuali di impiego».

Con una “dichiarazione congiunta”, la Fipe e le sigle firmatarie il Ccnl di aziende dei settori pubblici esercizi, ristorazione collettiva e commerciale e turismo hanno condiviso l’applicazione del lavoro stagionale esentando dalle modifiche introdotte dal decreto dignità le aziende con apertura annuale: «Abbiamo condiviso l’interpretazione della stagionalità - afferma il direttore generale di Fipe, Roberto Calugi - per assicurare la giusta flessibilità alle imprese soggette alla stagionalità che restano aperte tutto il periodo dell’anno. L’obiettivo è non penalizzare imprese e lavoratori».

Il settore alberghiero conta 350mila addetti, tra annuali e stagionali, ma le aziende lamentano la difficoltà a reperire manodopera qualificata. «Nel settore alberghiero da anni riscontriamo la mancanza di manodopera qualificata - spiega Alessandro Nucara, direttore generale di Federalberghi-Confcommercio -. Da quest’anno scontiamo la concorrenza del reddito di cittadinanza che ha amplificato un problema già rilevato da tempo. Anche se non si può generalizzare, in più occasioni gli imprenditori si sono sentiti rispondere da ex lavoratori che non erano più interessati, perchè ricevevano già il sussidio. Il problema è che anche una professione come quella del cameriere richiede preparazione e competenze, conoscenza di lingue. Ci sono pochi Its, le scuole alberghiere restano un serbatoio per le assunzioni, ma è decisivo investire più sulla scuola». Come sottolinea Marina Lalli «non esiste la formazione per determinate figure professionali, penso alla governante di piano negli alberghi, o a chi si occupa dell’analisi di costo e dei preventivi del food and beverage, o del controllo di gestione in un’azienda turistica. In questo contesto li dobbiamo assumere e formare in casa. Per favorire le assunzioni con contratti stabili il miglior incentivo è il taglio del cuneo fiscale».

I lavoratori stagionali

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