Contrattazione

Il secondo livello ritocca salario e welfare. Manca all’appello il Sud

di Giorgio Pogliotti e Claudio Tucci

La contrattazione aziendale non è più prerogativa solo delle imprese medie e grandi, ma si diffonde anche tra le piccole e micro. Prevale al Nord (55%) e al Centro (20%), mentre è ancora scarsamente presente al Sud e nelle Isole (2%), anche se una quota consistente di accordi di gruppo sono validi per tutto il territorio nazionale (23%). Oltre al metalmeccanico (31%), i settori con la maggiore diffusione dei contratti aziendali sono i servizi (13%), la chimica (12%), i trasporti (11%) e il commercio (10%). Crescono le intese su salario e welfare che sono i due principali temi trattati dalle parti, in calo invece gli accordi sulla gestione delle crisi.

È quanto emerge dal quinto rapporto Ocsel curato dalla Cisl - presentato oggi a Roma, alla presenza tra gli altri, del ministro del Lavoro Nunzia Catalfo, del sottosegretario al ministero dell’Economia Pierpaolo Baretta e della leader del sindacato di Via Po, Annamaria Furlan - che raccoglie e analizza 2.182 accordi aziendali negoziati tra il 2017 e il 2018 in 1.363 aziende che occupano 928.260 lavoratori. Il numero maggiore di accordi (487) è stato realizzato nelle aziende medie (da 50 a 249 addetti), seguite dalle aziende medio grandi (da 250 a 999 addetti) con 266 accordi e dalle grandi aziende con oltre mille addetti (144). Da segnalare anche i 183 accordi sottoscritti nelle piccole imprese (fra 20 e 49 addetti) e i 278 accordi nelle micro imprese sotto i 19 dipendenti. Quelli stipulati nel 2017-18 sono soprattutto accordi di rinnovo di accordi precedenti (54%), segue una quota consistente di intese di pura applicazione delle leggi sulla riduzione del personale o di gestione delle crisi (21%) e una significativa percentuale di accordi che integrano intese precedenti (19%). L’Osservatorio Ocsel evidenzia anche un 4% di accordi in deroga su materie come il salario (69% dei casi), l’orario di lavoro (44%), l’organizzazione del lavoro (65%) e l’inquadramento (19%).

Gli accordi aziendali nel biennio 2017-18 interessano oltre 900mila lavoratori, di questi solo 147.255 sono coperti da intese che prevedono una erogazione economica e 400.496 da forme di welfare integrativo, ma non va trascurato il fatto che in molti casi le aziende avevano accordi precedenti che già regolamentavano il salario. Il numero maggiore di lavoratori coperti sono quelli del trasporto (19%) seguiti da quelli del commercio (19%), credito (18%), del meccanico (17%) e le aziende dei servizi (11%).

«Siamo in presenza di una contrattazione aziendale sempre più plurale e innovativa - spiega il segretario generale aggiunto Cisl, Luigi Sbarra -, un motore di crescita, capace di elevare il benessere della persona e di incrementare la competitività d’impresa». Tra i 2.182 accordi del biennio 2017-8 la materia più presente riguarda i riconoscimenti economici e salariali (51%), seguono gli accordi sul welfare (38%) - in crescita di 10 punti percentuali rispetto al biennio precedente - e al terzo posto la gestione delle crisi. Rispetto al 2015-6 si registra una netta inversione di tendenza: gli accordi che prevedono un’erogazione salariale crescono di sette punti percentuali, mentre gli accordi di gestione delle crisi calano di 12 punti percentuali, segno di una diversa congiuntura economica. In crescita di due punti percentuali gli accordi che prevedono un miglioramento dei diritti sindacali e dei diritti di informazione e consultazione (21%). Aumentano di 4 punti percentuali rispetto al biennio precedente gli accordi sull’organizzazione del lavoro(sono il 15%): in particolare l’orario di lavoro è oggetto del 23% degli accordi (le voci più ricorrenti sono la distribuzione dell’orario, la flessibilità, lo straordinario, il part time).

«Questo sistema offre tanto allo sviluppo e alla coesione - aggiunge Sbarra - ma va ulteriormente sostenuto con adeguate politiche fiscali che ne stimolino la diffusione, specie nelle aree con il tessuto produttivo più debole, come nel Mezzogiorno. Chiediamo che i frutti degli accordi di secondo livello, sia economici che di welfare, vadano del tutto detassati, insieme agli aumenti dei prossimi rinnovi contrattuali nazionali. Pensiamo che i tempi siano maturi anche per varare una legge quadro sulla partecipazione e sulla democrazia economica che sostenga il coinvolgimento dei lavoratori alla vita d’impresa, un provvedimento che deleghi alla contrattazione il compito di declinare in ogni realtà le forme più idonee di partecipazione».

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