Contrattazione

Contratti a termine e rinnovi, allo studio lo stop alle causali

di Claudio Tucci

Il campanello d’allarme è suonato analizzando, un po’ più nel dettaglio, gli ultimi dati sul mercato del lavoro: nel trimestre, dicembre 2019-febbraio 2020, l’occupazione è calata di ben 89mila unità, e ancora non si sono visti gli effetti legati all’emergenza coronavirus. Ormai praticamente non si assume più. Negli stessi tre mesi, sul trimestre precedente, ha ricordato nei giorni scorsi l’Istat, i contratti a tempo indeterminato sono crollati (-48mila unità), così come gli autonomi (-46mila unità). Con un tasso di disoccupazione stabile (-5mila persone), e una ripresa, preoccupante, dell’inattività (+51mila ex lavoratori oggi in larga parte “scoraggiati”).

A tutto questo si sta aggiungendo una vera a propria “mina”: i mancati rinnovi e proroghe dei contratti a tempo determinato. Ogni mese, secondo un dossier riservato che stanno mettendo a punto i tecnici del governo in vista delle riunioni propedeutiche al decreto Aprile e al lancio della Fase 2, ci sono circa 300mila rapporti temporanei che scadono e non proseguono più, a causa di un mix che, nei prossimi giorni, è destinato a divenire esplosivo, vale a dire: crisi economica e fabbriche chiuse e norme rigide imposte dal decreto dignità, cioè causali obbligatorie dopo i primi 12 mesi di contratto e dopo ogni rinnovo, oltre all’aggravio di costo dello 0,5. Si tratta di “un’onda anomala” che «rischia di far salire il numero assoluto di disoccupati di un 10 per cento ogni mese considerando il blocco dei licenziamenti attualmente in vigore fino a metà maggio - sottolinea l’economista Marco Leonardi, consigliere del ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri -. Il tema è delicato anche perché questi lavoratori temporanei non sono tutelati dagli attuali sussidi emergenziali. Al più infatti possono accedere alla Naspi, ma di importo molto ridotto visto il loro percorso lavorativo precario».

L’esecutivo ha acceso un faro: nel decreto Cura Italia, in corso di conversione in legge alla Camera, si è consentito di poter rinnovare i lavoratori a termine, somministrazione inclusa, anche se l’impresa ha attivato la nuova cassa integrazione Covid-19, derogando, così, all’articolo 20 del Dlgs 81 del 2015 (che oggi lo vieta). Adesso, nel decreto aprile, si completerebbe l’intervento aprendo, sostanzialmente a tutti, anche cioè ai datori che non sono in cassa integrazione, rinnovi, proroghe e nuove assunzioni a tempo determinato.

Lo strumento, spiegano fonti del governo, passerebbe per il “congelamento” del decreto dignità per tutta la durata dell’emergenza sanitaria, almeno, quindi, fino al 31 agosto 2020. La misura comporterebbe una sorta di “moratoria” dall’obbligo di indicare le causali legali e anche - risorse permettendo - di pagare l’addendum contributivo dello 0,5 su ciascun rinnovo.

«I rapporti a termine sono importanti ora e lo saranno certamente di più nella prima fase della ripresa - aggiunge Leonardi -. Dobbiamo consentire alle aziende di poter utilizzare questa forma di impiego alle dipendenze. Nel decreto aprile, oltre al rifinanziamento degli ammortizzatori e dell’indennità per gli autonomi (da 600 euro passerebbe a 800 euro, ndr), stiamo studiando anche l’allungamento di un paio di mesi della Naspi per i disoccupati con il sussidio in scadenza o scaduto in queste settimane di emergenza sanitaria». Nella partita dovrebbe entrare anche la proroga al divieto di licenziare, su cui insiste la Cgil. Oggi, in base al Cura Italia, sono vietati i licenziamenti collettivi e quelli individuali per motivi economici. Lo stop, anche qui fino alla fine del periodo emergenziale, dovrebbe proseguire (si sta ragionando se per entrambe le tipologie di atto di recesso datoriale o se solo per i licenziamenti collettivi).

Sull’ammorbidimento dei paletti sui contratti a termine, soprattutto in vista della ripresa, il Pd è chiaro. «Nella Fase 2 dobbiamo sostenere in modo forte le imprese incoraggiando ad assumere o a confermare i contratti in scadenza per accettare le commesse e spingere la ripresa - spiega la sottosegretaria al Lavoro, Francesca Puglisi (Pd) -. La crisi, purtroppo, non sarà breve e dovremo sostenere il sistema Italia anche nel 2021. Togliere l’addizionale dello 0,5 e rinviare alla contrattazione collettiva le causali è essenziale. Meglio un contratto di assunzione a tempo determinato che restare a casa. Guardiamo in faccia i dati. Non è il tempo delle scelte ideologiche, ma il tempo del fare».

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