Contrattazione

Decreto dignità e Covid, 300mila precari al mese rischiano il contratto

di Claudio Tucci

La prima fotografia degli effetti del coronavirus sull’occupazione arriva dall’agenzia regionale Veneto Lavoro: in Veneto, dal 23 febbraio al 5 aprile, vale a dire in circa un mese e mezzo dall’inizio dell’emergenza sanitaria, tra mancate assunzioni ed effettiva riduzione dei posti sono andate in fumo tra le 35-40mila posizioni di lavoro dipendente. La flessione più marcata? «Per i contratti a termine: -30mila rapporti», osserva il direttore di Veneto Lavoro, Tiziano Barone.

Ad essere in difficoltà sono settori “core” della manifattura e del made in Italy, come la meccanica, il tessile-abbigliamento, il legno-arredo, solo per citarne alcuni; fino ad arrivare alle attività turistico-commerciali: «Aprile - racconta un imprenditore veneziano - è il mese di avvio della domanda di lavoro stagionale. Ebbene, a oggi è tutto fermo».

Il campanello d’allarme del Veneto (la regione “rappresenta” il 10% del mercato del lavoro italiano) trova conferma nei numeri sul tavolo dei tecnici del ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri: ogni mese ci sono circa 300mila contratti a termine che scadono e che rischiano di non essere rinnovati a causa di crisi e attività produttive ferme. A tutto ciò si sommano le rigidità introdotte dal decreto dignità, vale a dire causali legali obbligatorie dopo i primi 12 mesi di rapporto e dopo ciascun rinnovo e aggravio di costo dello 0,5 per cento, destinate a pesare soprattutto sulla ripartenza.

Insomma, a licenziamenti bloccati (a oggi fino a metà maggio), eventuali mancati rinnovi e proroghe potrebbero causare, questa estate, circa 1 milione di disoccupati in più, «di fatto, vanificando gli sforzi del governo per tutelare, tra cassa integrazione d’emergenza e indennizzi vari, tutto il mondo del lavoro colpito dall’emergenza coronavirus», sintetizza Marco Leonardi, consigliere economico del ministro Gualtieri.

Si tratta di una nuova “spada di Damocle”, con una occupazione già in forte calo: -89mila unità nel trimestre dicembre 2019-febbario 2020 (ultimi dati Istat).

Per scongiurare il pericolo, i tecnici dell’esecutivo e un’azionista di governo, il Pd, stanno pensando, nel decreto Aprile, di congelare almeno fino a fine emergenza (e cioè, al momento, fino al 31 agosto 2020) il decreto dignità, aprendo a una sorta di “moratoria” dall’obbligo di indicare le causali legali e anche, risorse permettendo, dal pagamento dell’addendum contributivo dello 0,5 su ciascun rinnovo.

La proposta, che vuole spingere la futura ripresa (si veda Sole24Ore di martedì), ha subito raccolto apprezzamenti da aziende, esperti e anche da parte del sindacato, in particolare dalla Cisl.

«La possibilità allo studio del governo, di consentire alle imprese che non sono in cassa integrazione, di poter prorogare, rinnovare ovvero ricorrere a nuovi contratti a termine per un certo periodo, senza l’obbligo di indicare le causali previste dal decreto dignità, a fronte di un suo temporaneo congelamento, andrebbe nella giusta direzione di dare un chiaro e repentino impulso a quelle aziende che si trovano in settori in cui la ripresa richiederà elevati sforzi anche in termini organizzativi, orientati a riconquistare il più velocemente possibile posizioni di mercato - spiega Stefano Passerini, direttore dell’area sindacale di Assolombarda -. Inoltre l’eliminazione, ancorché temporanea, delle causali obbligatorie dopo i primi 12 mesi di contratto, consentirà di evitare la crescita della disoccupazione, perché è tutto interesse delle imprese, che hanno investito nella formazione dei lavoratori a tempo determinato, proseguire il rapporto di lavoro con i medesimi, per giungere anche alla loro conferma a tempo indeterminato, come le statistiche dimostrano, nel momento in cui le condizioni aziendali lo consentono».

Sulla stessa lunghezza d’onda Antonio Baldi Guarinoni, responsabile dell’area sindacale di Confindustria Venezia Area Metropolitana di Venezia e Rovigo, che aggiunge: «È importante che ci sia sensibilità da parte dell’esecutivo al tema della flessibilità perché rappresenta un presupposto importante per contribuire alla ripresa produttiva e occupazionale».

D’accordo il sindacato. «È da tempo che chiediamo al governo di aprire un confronto sul decreto dignità per frenare l’eccessivo turn-over che penalizza le fasce deboli del lavoro - evidenzia Luigi Sbarra, segretario generale aggiunto della Cisl -. È positivo che ora si stia accendendo un faro su questi temi in vista della ripresa. Noi insistiamo su due aspetti: causali affidate alla contrattazione collettiva, anche decentrata e stop al contributo aggiuntivo dello 0,5 sui rinnovi».

«Ci sono molteplici ragioni che dovrebbero indurre ad un allentamento degli attuali vincoli sui contratti a termine - chiosa il professor Arturo Maresca (La Sapienza, Roma) -. La fase 2 sarà caratterizzata da grande incertezza. Per questo il legislatore deve sostenere le aziende anche consentendo loro di effettuare tutte le assunzioni di cui necessitano».

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