Contrattazione

Senza extra valore niente Iva sui distacchi

di Benedetto Santacroce

A due mesi dalla pronuncia della Corte Ue sull’imponibilità Iva delle prestazioni di distacco del personale (causa C-94/19), si manifestano le prime perplessità. Assonime, con la circolare 8 di ieri, mette in luce gli aspetti meno chiari della sentenza che ha comportato l’incompatibilità dell’articolo 8, comma 35, della legge 67/1988 rispetto alla direttiva Iva.

La Corte ha concluso per l’imponibilità Iva dei prestiti o distacchi di personale a fronte dei quali è versato il solo rimborso del costo, qualora l’una (prestito/distacco) e l’altra (importo versato) prestazione si condizionino reciprocamente. I punti di forza della sentenza sono costituiti:

dall’onerosità della prestazione che si ha quando il compenso ricevuto costituisce il controvalore effettivo per il servizio prestato, ovvero esiste un nesso diretto tra servizio reso e corrispettivo ricevuto;

dall’irrilevanza dell’importo del corrispettivo, che può essere pari, superiore o inferiore al costo sostenuto per la retribuzione del personale.

Riproponendo la posizione della Commissione Ue, Assonime considera che, in mancanza di pattuizione di una retribuzione superiore agli oneri sostenuti per remunerare il dipendente (ovvero in mancanza di un quid pluris “economico”), il distacco non ha luogo allo scopo di ricevere un corrispettivo. Nell’ipotesi di rifusione alla distaccante del solo costo che questa sostiene per continuare a mantenere la sua posizione di datore di lavoro, non si potrebbe parlare di remunerazione della prestazione di servizio di prestito del personale. La causa del contratto sarebbe da rivenirsi altrove, ad esempio nelle esigenze organizzative dell’impresa, le quali giustificherebbero una prestazione di distacco senza ottenere in cambio “un corrispettivo adeguato” che remuneri il proprio impegno.

Tuttavia non si può fare a meno di sottolineare che la Corte, quanto all’aspetto quantitativo della controprestazione, non transige (si vedano anche le sentenze C-413/03 e C-263/15). È fuori discussione che l’importo del corrispettivo, maggiore, inferiore o uguale ai costi che il soggetto passivo ha sostenuto, non intacchi l’esistenza (o meno) del nesso diretto tra prestazione e controprestazione.

Piuttosto, come già si è avuto modo di commentare (si veda «Il Sole 24 Ore dell’ 11 e del 12 marzo) il discrimine tra onerosità della prestazione e semplice riaddebito del costo è da rintracciarsi nella sintesi degli interessi che il contratto concretamente mira a realizzare. Al riguardo si ripropone il passaggio dei giudici (punto 27 della sentenza C-94/19) secondo cui, se è dimostrato:

che il pagamento da parte della distaccataria degli importi che le sono stati fatturati dalla distaccante costituisce una condizione affinché quest’ultima distacchi il personale,

e che tali importi sono stati pagati a titolo di corrispettivo del distacco,

si deve concludere per l’esistenza di un nesso diretto tra le due prestazioni. E, dunque, per l’imponibilità ai fini Iva.

A contrario ragionevolmente si deduce che il nesso potrebbe venir meno (e con esso la rilevanza ai fini Iva delle somme corrisposte), se il pagamento (a prescindere dall’importo) non costituisce una condizione affinché il datore di lavoro si risolva a distaccare il dipendente e non risulta che l’importo pagato dalla distaccataria sia versato a titolo di corrispettivo della prestazione ricevuta.

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