Contrattazione

La Pa verso lo smart working al 50%, ma ci sono tre ostacoli per realizzarlo

Il lavoro agile, se portato a regime, richiede una serie di investimenti a vario livello.

di Tiziano Grandelli, Mirco Zamberlan

La fine dell’emergenza Covid 19 non comporterà l’abbandono dello smart working: a regime, almeno il 50% delle attività svolte dalla Pubblica Amministrazione saranno rese attraverso questa modalità di svolgimento della prestazione. Lo ha affermato la ministra della Pa Fabiana Dadone il 4 giugno scorso al Senato.

Sicuramente il lavoro agile ha consentito di gestire il lockdown nelle settimane più dure della crisi sanitaria. Lo conferma il monitoraggio sul lavoro agile pubblicato dallo stesso dipartimento della Funzione Pubblica, secondo il quale, a livello nazionale, la media di utilizzo è stata pari al 73,8%, con punte in alcune regioni di oltre il 90%. Non c’è quindi motivo di interrompere questa esperienza.

Anche la normativa emanata in questi ultimi periodi va nel senso della continuità dello smart working. Da ultimo, il decreto 34 conferma l’impostazione in essere. In primo luogo viene richiamata l’applicazione dell’articolo 87, comma 1, lettera a) del Dl 18/2020, che limitava la presenza in servizio dei dipendenti nei luoghi di lavoro alle sole attività indifferibili che la richiedessero. È inevitabile la necessità di una rivalutazione sull’indifferibilità e sull’esigenza della presenza in loco dei lavoratori alla luce della ripresa delle attività produttive e commerciali. La posizione del legislatore era stata preannunciata dalla direttiva 3/2020 di Palazzo Vidoni. Ma il decreto 34 punta su un altro strumento per la gestione del lavoro pubblico nella «fase 3», vale a dire la flessibilità dell’orario di lavoro. Se da un lato è vero che la presenza nei luoghi di lavoro deve essere intensificata a seguito della riapertura di industrie, negozi e ristoranti, dall’altro nulla vieta che alcuni dipendenti possano andare in ufficio al mattino e altri al pomeriggio, alcuni nei primi giorni della settimana, altri negli ultimi e così via. Questo, abbinato al principio della rotazione, può essere una soluzione che mette d’accordo tutti: dipendenti per un verso e amministrazione dall’altro.

Fino a qui sembra un gioco da ragazzi. Ma non è così. Il lavoro agile, se portato a regime, richiede una serie di investimenti a vario livello. Un primo è rappresentato da quello organizzativo. Va ripensata la gestione dei procedimenti amministrativi presenti all’interno dell’ente, al fine di semplificarli, renderli nella forma più lineare possibile e, quindi, evitare passaggi superflui. Successivamente va codificato il «chi fa cosa» per rendere chiaro quale sia il lavoratore che deve provvedere e in quali tempi, indipendentemente dal fatto che si trovi sul luogo di lavoro o da un’altra parte.

Un secondo ordine di investimenti è rappresentato dal campo informatico. Dal lato dell’amministrazione, servono strutture che permettano a un numero elevato di utenti di collegarsi con i data base e i software dell’ente e strumenti per la digitalizzazione dei documenti cartacei che arrivano alla Pa. Dal lato del dipendente è necessaria una dotazione che consenta di interagire in modo stabile e veloce con la sede. Collegamenti informatici di elevate prestazioni, sicuramente presenti nelle grandi città, sono a dir poco latitanti nelle zone decentrate e nei piccoli Comuni.

Infine, non si può prescindere da una forte intensificazione dell’attività formativa. Lo smart working cambia completamente il modo di concepire il lavoro pubblico. Si passa da una impostazione secondo la quale era importante timbrare il cartellino ad una fase che, al contrario, valorizza quasi esclusivamente il risultato. Non importa quando e in quali tempi la pratica è svolta, ma rileva il fatto che si arrivi a conclusione del processo.

Questo, in un mondo ideale, risulta semplice da conseguire. Per le pubbliche amministrazioni, con budget molto risicati, può essere un’impresa di notevole portata. Il tutto dovrà, poi, essere valutato alla luce dei risultati conseguiti in termini di produttività del lavoro agile.

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