Contrattazione

Su occupazione e imprese femminili l’asse tra ministeri

di C.Fo.

Tra le prime convergenze nelle proposte dei ministeri per il Recovery Plan c’è l’attenzione all’occupazione delle donne e allo sviluppo dell’imprenditoria femminile. Anche questo tema del resto, come l’innovazione digitale, la transizione energetica sostenibile, la coesione territoriale, viene considerato prioritario dalla Commissione europea e soprattutto in riferimento all’Italia.

Nelle Raccomandazioni rivolte al nostro Paese sulle riforme da attuare Bruxelles ha sottolineato come il divario di genere nei livelli occupazionali resti uno dei più elevati della Ue e ha parlato di «investimenti nella partecipazione delle donne al mercato del lavoro insufficienti, così come le misure volte a promuovere le pari opportunità e adeguate politiche in materia di equilibrio tra vita professionale e vita privata». È fondamentale - incalza la Commissione - l’impegno italiano per «l’integrazione nel mercato del lavoro delle donne».

Allo Sviluppo economico segue con particolare attenzione questo dossier il sottosegretario del Pd Gian Paolo Manzella, che si sta facendo promotore di iniziative in questo campo proprio in vista del pacchetto Next Generation Eu. Il ministero del Sud guidato da Giuseppe Provenzano ha già avanzato la proposta di una decontribuzione maggiorata, fino al 100%, per favorire nuove assunzioni di donne nel Mezzogiorno. Altri ministeri stanno ragionando lungo la stessa direttrice e si ipotizzano anche quote a favore delle donne per borse di studio di post dottorato in azienda.

Il ministero dello Sviluppo pensa a un Fondo per promuovere l’imprenditoria femminile, con dei bandi annuali ed eventualmente prevedendo anche una quota specifica del Fondo di sostegno al venture capital. Il punto di partenza è problematico. Oggi, secondo l’ultimo Rapporto di Unioncamere sull’imprenditoria femminile, sono 1 milione e 340mila le imprese guidate da donne, solo il 22% del totale. Va detto che negli ultimi cinque anni sono cresciute a un ritmo molto più intenso di quelle maschili: +2,9% contro +0,3% - contribuendo al 75% dell’incremento complessivo di tutte le imprese in Italia, pari a quasi 51mila unità - ma se guardiamo ai primi effetti del Covid-19 il divario torna negativo. Tra aprile e giugno, infatti, le iscrizioni di nuove aziende guidate da donne sono state oltre 10mila in meno rispetto allo stesso trimestre del 2019, con un calo pari al -42,3% superiore a quello registrato dalle attività maschili (-35,2%). Il timore è che la crisi possa fermare i segnali di recupero e lo stesso ragionamento si fa al ministero del Sud in termini di occupazione. Nel Mezzogiorno solo una donna in età da lavoro su tre è occupata (circa il 60% al Centro-Nord) e la differenza rispetto alla media europea arriva a quasi 30 punti percentuali.

Del resto il lavoro femminile, è la tesi, rischia di essere più duramente colpito dalla crisi anche per l’alta incidenza di lavoratrici in settore fortemente penalizzati come servizi, turismo, ristorazione. I primi segnali già si vedono - da febbraio ad aprile l’occupazione femminile è calata del 2,3%, più dell’1,3% di quella maschile - e se il trend dovesse continuare è possibile che i ministeri impegnati su questo fronte possano trovare maggiori margini per far passare le proposte taglia-divari.

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