Contrattazione

Tempi sempre più lunghi per i rinnovi dei contratti collettivi scaduti

di Cristina Casadei

Il rinnovo dei contratti collettivi nazionali si intreccia a una congiuntura straordinaria che rende l’obiettivo della firma un miraggio, se ragioniamo sul breve periodo. Tanto nel privato, quanto nel pubblico. Complice l’emergenza sanitaria post Covid, che continuerà a dominare i prossimi mesi, l’organizzazione del lavoro e le relazioni tra sindacati e datori di lavoro sono diventate molto più complicate che in passato, mentre sullo sfondo si staglia il tema occupazionale, al momento solo congelato da misure straordinarie e temporanee, come il blocco dei licenziamenti. Il numero di addetti in attesa di rinnovo (si veda il Sole 24 Ore del 19 agosto) è tale da attraversare tanto il settore pubblico, dove al momento non si vede un budget per il rinnovo dei contratti, quanto quello privato. Tanto i servizi quanto l’industria.

Dati Istat e buste paga

I tempi dei rinnovi sono sempre più lunghi e questo conferma difficoltà che, in prospettiva, potrebbero anche aumentare, data la situazione economica post Covid molto sfavorevole e il focus su altri temi. Se prendiamo gli ultimi dati Istat disponibili, il tempo medio di attesa di rinnovo è aumentato, passando dai 15,8 mesi di giugno 2019 ai 16,6 mesi di giugno 2020, mentre l’attesa media calcolata sul totale dei dipendenti è più che raddoppiata: 13,7 contro 6,6 mesi. L’effetto sulle buste paga si vede. Prendendo sempre i dati Istat, l’aumento tendenziale delle retribuzioni, in giugno, è stato dello 0,8% per i dipendenti dell’industria, dello 0,6% per quelli dei servizi privati e dello 0,3% per quelli della pubblica amministrazione. Si tratta, però, di una media che non tiene conto delle numerose differenze che vi sono da settore a settore. Il credito, che ha rinnovato il contratto alla fine del 2019 e corrisposto i primi aumenti all’inizio di quest’anno, registra aumenti molto più elevati (2,3%), così come l’energia elettrica e il gas, per effetto delle tranche dell’ultimo rinnovo. A zero, secondo i dati Istat, rimangono invece legno, carta, commercio, farmacie, tlc, solo per citare un lungo elenco.

Il pubblico

Nel pubblico impiego il rinnovo dei contratti a ridosso della scadenza del triennio di riferimento fa sì che, sebbene siano stati rinnovati da poco, siano già scaduti. La maggior parte dei contratti è infatti scaduto a fine 2018 e i diversi comparti, come spiegano dalla Fp Cgil, «sono in attesa dell’atto di indirizzo per avviare le trattative per il rinnovo relativo al triennio 2019-2021». Tra questi c’è anche il contratto della Sanità Pubblica che interessa circa 550mila addetti, molto sotto stress in questi ultimi mesi. Dopo una trattativa molto lunga e la firma della preintesa, si è invece incagliato uno dei contratti della Sanità Privata, scaduto da 14 anni e che interessa più di 100mila addetti. Le associazioni Aris e Aiop hanno infatti deciso di non firmare la ratifica per la mancanza di garanzie sulle coperture dell’aumento, che dovevano arrivare da Stato e Regioni. Proseguendo l’elenco del pubblico, ci sono il contratto delle Funzioni Locali che riguarda circa 650mila lavoratori del comparto delle Autonomie Locali, così come le Funzioni Centrali che comprende i circa 250mila lavoratori dei ministeri, delle agenzie e degli enti pubblici non economici. Ci sono poi l’istruzione e la ricerca che riguardano più di un milione di lavoratori. A questi si aggiungono il contratto dell’Igiene Ambientale, sia pubblico che privato. Ci sono poi le Cooperative Sociali dove lavorano 350mila addetti. Nessuna notizia relativa all’avvio della trattativa per il rinnovo del triennio 2019-2021 con le controparti Agci, Confcooperative e Legacoop. Si arriva così al contratto delle Rsa, scaduto da oltre 8 anni e che interessa circa 100mila lavoratori e ai contratti di Polizia di Stato, Vigili del Fuoco e Polizia Penitenziaria, anche questi scaduti e che riguardano 100mila poliziotti, 34mila Vigili del fuoco e 33mila Poliziotti penitenziari. Anche qui è un elenco che non finisce più quello che porta ai molti milioni di addetti che aspettano il rinnovo del contratto.

Terziario, turismo e servizi

Nel terziario, turismo e servizi la stragrande maggioranza dei lavoratori è entrata nell’emergenza sanitaria con i contratti nazionali non rinnovati da anni: il multiservizi, per esempio, è scaduto da più di sette anni, la vigilanza privata da 55 mesi, così come si perdono ormai le date della scadenza di farmacie, acconciatura ed estetica e del lavoro domestico. Molti altri sono invece scaduti a fine 2018 e nel 2019. L’ultimo, in ordine di tempo, lo scorso giugno è stato quello delle terme, un comparto che quest’estate ha subito un altro durissimo colpo. In alcuni casi ci sono trattative appena aperte, come quella per gli studi professionali, trattative di rinnovo avviate con difficoltà e termini già dilazionati, come per i contratti della filiera del turismo, scaduti a fine 2018: sia quelli che fanno capo a Confindustria (Federturismo, Aica e Astoi), sia quelli che fanno capo a Confcommercio (Federalberghi, Faita e Federcamping). Le piattaforme sindacali erano state inviate già nel 2019, ma oggi il dialogo appare molto difficile, soprattutto alla luce della profonda crisi del settore. Lo stesso dicasi per il contratto dei Pubblici esercizi, ristorazione collettiva e commerciale e turismo siglato da Fipe, Angem, Legacoop, Confcooperative, Agci e Confcommercio.

Il banco di prova del terziario

Ma il nuovo banco di prova sono i contratti di terziario, distribuzione e servizi, della distribuzione moderna organizzata e della distribuzione cooperativa che interessano i 2,4 milioni di addetti delle aziende che fanno riferimento a Confcommercio, Federdistribuzione, Confesercenti e Distribuzione cooperativa. I contratti, rinnovati con tempistiche differenti, hanno una scadenza allineata che si colloca per tutti alla fine di dicembre del 2019. Le diverse sigle sindacali avevano avviato al loro interno il percorso di rinnovo a partire dalla definizione della piattaforma. In totale sono oltre 5 milioni gli addetti di questo maxicomparto in profonda difficoltà con i contratti scaduti. Come dice la stessa segretaria generale della Filcams Cgil, Maria Grazia Gabrielli «le conseguenze della pandemia sono ancora difficili da prevedere in questi settori ma la consapevolezza è di un impatto forte per intensità e durata. Allo stesso tempo, però, il paese è stato capace di reggere ad una crisi senza precedenti grazie al lavoro degli uomini e delle donne dei nostri settori: un lavoro invisibile, spesso precario e non riconosciuto». Il comitato esecutivo della Fisascat Cisl, intanto, ha approvato all’unanimità le proposte tematiche, finalizzate alla definizione delle piattaforme unitarie per i nuovi contratti nazionali di lavoro. Il segretario generale Davide Guarini sostiene che «i contratti possono rappresentare patti per innovazione, produttività e occupazione», quindi «la contrattazione torni al centro delle relazioni industriali». Se la prevenzione dei rischi, della salute e della sicurezza in ambito lavorativo rappresenta la priorità nella fase della ripartenza e della ripresa, per la Fisascat Cisl, è altrettanto dirimente focalizzare il confronto sui rinnovi contrattuali anche su altre aree di intervento, ossia sulla formazione continua per riqualificare l’occupazione, su nuovi diritti e tutele attivabili in caso di bisogno, come anche sui radicali processi di riorganizzazione delle grandi superfici di vendita nell’ambito della grande distribuzione organizzata, oltre che sul lavoro domenicale. Per Gabrielli «il perimetro di regole più importante per la tutela del lavoro è il contratto nazionale, troppo spesso messo in discussione da imprese, istituzioni, dal dumping esistente e dallo stesso ritardo nel loro rinnovo: è strumento importante per la tenuta salariale, per la qualificazione delle condizioni di lavoro e per governare le trasformazioni dei settori».

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