Contrattazione

Gli appalti transazionali e il rischio interferenziale di contagio

di Massimiliano Arlati e Luca Barbieri

L'attuale fase della crisi sanitaria, caratterizzata da un andamento non uniforme della curva dei contagi sul piano territoriale, presenta variabili ed elementi di incertezza che non mancano di riverberarsi sui programmi imprenditoriali e sull'esecuzione dei contratti in essere. In particolare, la mutevole geografia del fenomeno epidemico e, al contempo, una disciplina emergenziale che ancora manifesta non trascurabili incongruenze, inducono le imprese a sperimentare anche l’adozione di misure prevenzionistiche (sia tecniche che organizzative) inedite, in modo da contrastare efficacemente il rischio da contagio in occasione di lavoro.

L’esecuzione di contratti d’appalto e subappalto che presentino rischi interferenziali di contagio costituisce un banco di prova genuinamente ‘sfidante' per la tenuta del sistema di prevenzione e protezione di ciascuna impresa coinvolta, anche in considerazione della difficoltà di coordinamento delle disposizioni (scarne) dettate in materia dal Protocollo 24 aprile 2020 con le prescrizioni contenute nell’articolo 26 del Dlgs 9 aprile 2009, n. 81.In tema di rischi interferenziali di contagio, l'ulteriore elemento di criticità è da ricondurre all'imprevedibile evoluzione del quadro normativo nazionale e regionale.

Sul piano sia normativo-regolamentare che organizzativo, l'esercizio di contrasto al rischio interferenziale di contagio è ancor più arduo quando nell'ambito di un appalto transnazionale il datore di lavoro stabilito in Italia accolga nelle proprie pertinenze lavoratori inviati in regime di distacco da un datore di lavoro (appaltatore o subappaltatore) stabilito in uno Stato non comunitario.Per il momento, si consideri dunque tale ipotesi. Come noto, l’ articolo 26 del Dlgs 9 aprile 2009, n. 81 prescrive che il datore di lavoro committente:

a)verifichi l'idoneità professionale dell'appaltatore nonché la sua capacità tecnica (in tal senso, si rinvia all'orientamento recentemente espresso dalla Suprema Corte con sentenza 24 settembre 2020, n. 26583);

b)fornisca dettagliate informazioni circa i rischi esistenti nei luoghi di lavoro in cui è data esecuzione al contratto d'appalto;

c)promuova, attraverso l'elaborazione e l'attuazione di un documento di valutazione dei rischi da interferenze (Duvri), allegato al contratto medesimo, la cooperazione tra i datori di lavoro coinvolti, assicurando l'attuazione delle misure concordate di contrasto al rischio di contagio e coordinando gli interventi di protezione e prevenzione.

Peraltro, il paragrafo 3 del citato Protocollo 24 aprile 2020 stabilisce che nel caso di specie:

- l'ingresso, il transito e l'uscita dei lavoratori del datore di lavoro appaltatore non comunitario debbano essere opportunamente regolati;

- il datore di lavoro committente renda una completa informativa circa le misure attuative del medesimo Protocollo 24 aprile 2020 e contenute nel ‘protocollo sanitario aziendale'.In termini organizzativi e procedurali, la realizzazione di un ‘protocollo sanitario interferenziale' riferito ad un appalto transnazionale implica un significativo incremento dei costi di transazione e, ovviamente, una maggiore incertezza con riguardo ad una regolare e ordinata esecuzione dello stesso a motivo dell'imprevedibile andamento della curva di contagio in un contesto internazionale.

Come ad esempio già accaduto in occasione della promulgazione del Dpcm 7 settembre 2020, la normativa domestica potrebbe stabilire regole specifiche per l'ingresso di lavoratori provenienti da determinati Stati o introdurre limitazioni all'ingresso, costringendo le imprese a modificare il programma d’esecuzione del contratto e/o le misure organizzative concordate, eventualmente adattando, ogni qual volta ciò si renda necessario, le procedure contenute nel Duvri con le norme sanitarie vigenti nello Stato d'invio dei lavoratori in distacco provenienti dall'estero.

Le azioni citate influiscono ovviamente sull’assetto del sistema di gestione della salute e sicurezza sul lavoro, specie laddove il datore di lavoro committente intenda attribuire a tale sistema efficacia esimente della responsabilità amministrativa dell’ente ex articolo 30 del Dlgs 9 aprile 2008, n. 81; più precisamente, trattasi dei sistemi di gestione per la tutela della salute e sicurezza conformi alla normativa standard internazionale (ISO 45001:2018), corredati di idonei sistemi di registrazione delle procedure adottate.

Considerato che l'efficacia esimente del sistema non può prescindere, come noto, dall'adozione di un disciplinare idoneo a sanzionare l'inosservanza delle misure contenute nel modello (articolo 30, comma 3 del Dlgs 9 aprile 2008, n. 81), le Parti saranno tenute ad estendere l’ambito di applicazione di detto disciplinare alle concordate misure di contrasto al rischio di contagio, contemplando sia precise regole di condotta a cui il lavoratore distaccato dovrà attenersi negli spazi di lavoro che indicazioni e raccomandazioni circa le condotte extralavorative che, qualora persista la crisi sanitaria, questi sarà tenuto ad osservare.

La stesura di un disciplinare sanitario costituisce dunque un novum nell’ambito del disciplinamento emergenziale e un'ulteriore sollecitazione per il modello organizzativo, chiamato a realizzare una difficile armonizzazione di un frammentato tessuto normativo.

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