Contrattazione

Prova inflazione zero e produttività nei contratti

di Cristina Casadei

Un interrogativo a cui i negoziati per rinnovare i contratti di lavoro dovranno rispondere è come consentire il recupero dei redditi e creare fiducia in un momento in cui la grande assente ai tavoli si chiama inflazione. Da qualche tempo, ormai, non è più ritenuta fondamentale nemmeno dalle banche centrali per decidere la politica monetaria. E anche nella contrattazione sembra che sarà sempre più la produttività il parametro dominante per la partita salariale. Da suddividere - non raddoppiare - tra contratto nazionale e aziendale. Lo sanno bene tutti gli interlocutori che siedono ai tavoli negoziali, tanto in rappresentanza delle imprese, quanto dei lavoratori che in questi mesi stanno dialogando per trovare soluzioni non facili, anche per il contesto generato dalla pandemia. Qualcuno trovandone, come è avvenuto nel settore del vetro e della gomma plastica che hanno siglato il rinnovo, qualcun altro discutendo molti mesi fino alla proclamazione di 16 ore di sciopero, come è accaduto nel legno arredo, qualcun altro siglando contratti che hanno spaccato le associazioni datoriali e oggi riguardano però solo una parte dei lavoratori della categoria, lasciando il resto senza contratto rinnovato, come gli alimentaristi, qualcun altro ancora, faticando persino a posizionarsi ai blocchi di partenza, coma la moda. E qualcun altro infine, come i meccanici, si vedrà. Certo è che in questi mesi, anche con il Covid, il dialogo tra Federmeccanica e Assistal e Fiom, Fim e Uilm per rinnovare il contratto che riguarda un milione e mezzo di addetti non si è fermato.

Il crollo della produzione

Oltre che dall’andamento dell’inflazione il negoziato, che oggi affronterà i temi di salario e welfare, non potrà prescindere dalla produttività e dal contesto. Lo ricostruiamo con l’aiuto di Federmeccanica e tenendo conto che il crollo della produzione dei mesi scorsi va comunque messo nel conto finale. Il direttore generale Stefano Franchi, in premessa dice che «Federmeccanica crede moltissimo nell’importanza del contratto nazionale e si pone come obiettivo quello di fare il contratto collettivo nazionale di lavoro che deve continuare ad essere un riferimento importante». In che senso? «Crediamo molto nel dialogo, serve in ogni momento e serve ancora di più nelle fasi difficili come quelle che stiamo vivendo - spiega Franchi -. Federmeccanica vuole fare un contratto che sia sostenibile, calato nella realtà del momento. Non possiamo dimenticare che la meccanica è stata pesantissimamente colpita dal lock down, durante il quale quasi il 90% delle imprese non ha potuto operare. I primi sette mesi di quest’anno si sono chiusi con una produzione in calo del 21% e un export in calo del 16% circa. Tutto questo accade in un settore che già prima di questa crisi era in una situazione recessiva, perché il segno meno era davanti al dato della produzione industriale da tanti trimestri. Questa è la realtà e tutto quello che faremo deve tenerne conto. Al di là dei numeri, poi, c’è anche una prospettiva che è incerta. E in economia, non dimentichiamocelo, si vive di prospettive e l’incertezza pesa tanto». Quindi? «Il senso è che il contratto dovrà essere un contratto di garanzia che fornisce tutele fondamentali alle persone e rappresenta per le imprese anche un volano per la gestione delle risorse umane, grazie a strumenti come la formazione e ai flexible benefits ad esempio. Quando si parla di aspetti economici, questi devono tenere presente l’andamento delle aziende, è un principio che vale sempre».

Quali parametri per il salario?

È evidente che individuare dei parametri a cui agganciare i rinnovi dei contratti è meno facile che in passato. La cornice è sì quella del Patto della fabbrica siglato da Confindustria e Cgil, Cisl e Uil, ma gli indici, di questi tempi, sono spietatamente sfavorevoli a chi deve chiedere soldi e rendono necessario avere uno sguardo molto ampio. L’incontro in cui Federmeccanica, Fiom, Fim e Uilm oggi apriranno la discussione su salario e welfare si terrà dopo che nei giorni scorsi le stime preliminari dell’Istat hanno evidenziato che, nel mese di settembre, l’indice dei prezzi al consumo ha fatto registrare un calo dello 0,6% su base mensile e dello 0,5% su base annua. Siamo quindi in territorio negativo. La piattaforma presentata dai sindacati chiede però un aumento dell’8%, quasi un punto e mezzo in più di quanto hanno chiesto, in tempi pre Covid, i bancari.

I meccanici oltre i bancari?

Per il segretario generale della Fiom, Francesca Re David, quello di oggi «è un incontro importante». Anche se è vero che sono stati fissati altri tre incontri, l’8, il 14 e il 15 ottobre, «il tema adesso è se si apre o no la trattativa. Se non si apre questo significherà svuotare il contratto nazionale. Abbiamo deciso di non lasciare il salario in fondo ma di metterlo a metà del percorso negoziale perchè in questa tornata è centrale. Le previsioni Istat dicono che se consideriamo l’Ipca fino al 2022, ragionando quindi su un triennio, si parla del 2,1%. Fino al 2023 si parla invece del 3,2%». La piattaforma chiede però un aumento dell’8%. Come ci si arriva? «Tenendo conto di tutto quello che non è stato fatto nel contratto precedente in cui abbiamo avuto il coraggio di scommettere su elementi che però non sono stati ottemperati dalle imprese. L’allargamento della contrattazione di secondo livello, che era previsto, non c’è stato, le 24 ore di formazione non sono state rispettate, per questo abbiamo costruito una piattaforma sul salario, sui minimi».

Il parametro del valore del lavoro

Il segretario generale della Fim Cisl, Roberto Benaglia dice che «bisogna riconoscere il valore del lavoro». Già, ma come? Benaglia, che ha alle spalle molti negoziati sul territorio e nelle categorie, dice che «questo è in assoluto il momento peggiore per i negoziatori», ma «il momento di fare il contratto è questo. Le imprese devono quindi cominciare a dare delle disponibilità, soprattutto perché la manifattura non è il turismo, il commercio, il trasporto aereo, la logistica. Molte aziende hanno già cominciato a vedere il rimbalzo e stanno tornando gradualmente verso livelli normali».

La piattaforma pre Covid

La piattaforma dei meccanici, come afferma lo stesso Benaglia, ha un’impostazione «fortemente salarialista». Bisogna però tenere conto che «ci saranno da discutere i trattamenti economici minimi e anche altri istituti - prosegue -. Nel trattamento economico complessivo possono essere messi diversi elementi salariali». Quell’impostazione adesso va calata in un mondo del lavoro che sta fronteggiando il triplice shock del Covid 19 che è sanitario, economico e psicologico. Il segretario generale della Uilm, Rocco Palombella, dice che per capire le ragioni di questa piattaforma «bisogna fare un salto indietro e tornare al 2016, quando abbiamo rinnovato un contratto in un momento di forte difficoltà e lo abbiamo caratterizzato, in via sperimentale, sulle questioni del welfare, rafforzando la sanità integrativa, estesa a tutti, la previdenza complementare, introducendo per primi il diritto soggettivo a 24 ore di formazione e i benefit. Allora abbiamo avuto il coraggio di dire che gli incrementi salariali sarebbero stati legati all’Ipca e sarebbero stati corrisposti ex post, dopo la verifica. Complessivamente, per i 4 anni di durata del rinnovo, parliamo di meno di 44 euro. Fatta questa esperienza che, ripeto è stata sperimentale, abbiamo ritenuto che il contratto successivo dovesse puntare sui minimi e ridare fiducia a lavoratori e famiglie». Benaglia aggiunge che «il contratto verrà rinnovato con la consapevolezza che è valido per i 4 anni successivi nei quali la crisi sarà superata e bisognerà scommettere sulla ripartenza dell’industria metalmeccanica».

Il pragmatismo del mosaico

Franchi fa però notare «la necessità di essere positivi, costruttivi e pragmatici. Il contratto è un mosaico fatto di vari tasselli. Nell’ultimo periodo il dialogo è proseguito affrontando diversi capitoli. Nei giorni scorsi abbiamo parlato in maniera concreta di formazione che è uno dei cardini del rinnovamento sia contrattuale che culturale che abbiamo portato avanti. Si parla di norme, di quantità ma anche di qualità perché la formazione deve essere fatta bene, deve essere finalizzata e non essere fine a se stessa. Si è parlato di relazioni industriali, di partecipazione, di salute, sicurezza e ambiente. Ci sono distanze, ma anche possibili convergenze su sicurezza e ambiente, per esempio. La trattativa deve essere considerata un percorso a tappe che affronta tutti i temi, non c’è solo la parte economica. Gli eventi hanno fatto sì che tutto quello che è stato discusso qualche mese fa appaia oggi superato e debba essere attualizzato in maniera molto pragmatica. Il nostro compito, molto difficile, sarà quello di essere pragmatici e visionari. Pragmatici perché bisogna fare quello che serve e si deve fare oggi, visionari perché in futuro ci aspettano cambiamenti importanti, segnati anche dall’innovazione tecnologica. Si tratta di gestire e non subire il cambiamento».

Che si sblocchi o no la trattativa, in ogni caso dopo il 7 ottobre per Re David «sarà necessario fare una campagna di assemblee, pur con tutte le difficoltà create dalla necessità di distanziamento che obbliga a riunire piccoli gruppi e richiede più tempo».

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