Contrattazione

Rider dipendenti, scambio fra tutele e autonomia

di Adalberto Perulli

L'annuncio di Just Eat Italia di assumere i riders come lavoratori subordinati cambia nuovamente la prospettiva regolativa di questo tormentato settore della gig economy, sottoposto a forti tensioni qualificatorie in tutti i Paesi del mondo. Mentre in California un referendum del 3 novembre (Proposition 22) ha sancito che i riders dei trasporti e del food delivery sono lavoratori indipendenti, in Italia, dopo la sentenza della Cassazione sul caso Foodora (n. 1663/2020), la situazione dei ciclofattorini sembrava indirizzata verso due possibili soluzioni:
a) una qualificazione come collaboratori etero-organizzati dal committente, quindi formalmente autonomi ma assoggettati alla disciplina del rapporto di lavoro subordinato (articolo 2, comma 1, Dlgs n. 81/2015);
b) una qualificazione come prestatori autonomi con applicazione delle garanzie minime previste ad hoc dalla legge n. 128/2019.

In questo quadro si è inserito il contratto nazionale di lavoro siglato da Ugl e AssoDelivery che, in applicazione dell'articolo 2, comma 2, del Dlgs n. 81/2015, sgancia la fattispecie dalla disciplina del lavoro subordinato prevista dal comma 1 per applicare una più modesta regolazione contrattuale, suscitando così le critiche di Cgil, Cisl e Uil oltre che le perplessità del ministero del Lavoro, sia sotto il profilo della legittimità di un accordo stipulato da un unico sindacato (laddove la norma parla, al plurale, di contratto stipulato dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale), sia per quanto riguarda il contenuto derogatorio rispetto a quanto previsto dalla legge n. 128/2019 in punto di determinazione del compenso, onde le disposizioni contrattuali in esame potrebbero essere ritenute, anche in sede ispettiva, contra legem e, in assenza di altro contratto collettivo applicabile, sostituite di diritto dalla norma di legge.

A parte ciò, le lacune del contratto Ugl sono evidenti: mancano tutele di rilievo costituzionale, come le ferie retribuite o i congedi retribuiti per malattia; nessuna garanzia è prevista per il recesso della piattaforma, che avviene ad nutum con il solo preavviso di 30 giorni; una «eventuale» disciplina del welfare è rinviata alla costituenda «commissione paritetica e partecipativa nazionale», con compiti come quelli di «valutare l'eventuale attivazione di politiche attive per il lavoro a favore del rider», o «intraprendere e mantenere relazioni con i decisori politici e istituzionali, nell'interesse dei lavoratori e delle imprese del settore». Del resto, la maggiore preoccupazione degli estensori dell'accordo sembra proprio quella di escludere la natura subordinata (o anche solo etero-organizzata) del rapporto, con un'attività di “qualificazione” dei prestatori come autonomi ex articolo 2222 del Codice civile o ex articolo 409, n. 3, del Codice di procedura civile, privi di vincoli di esclusiva (articolo 3).

In tal prospettiva si giunge perfino a normare la qualificazione giuridica di un “fatto”, vale a dire del «fatto che la proposta di prestazione includa l'indirizzo del luogo designato per il ritiro e la consegna dei beni», il quale «non costituisce direttiva ai fini della esecuzione della prestazione dal momento che tali elementi sono necessari per il servizio prestato dalla piattaforma al cliente finale» (articolo 7).Ora, posto che nessuna norma collettiva può operare la qualificazione del rapporto, e fatta salva ogni diversa valutazione dell'autorità giudiziaria, è evidente che lo scenario si complica (o forse si semplifica) con la decisione della piattaforma Just Eat di assumere i ciclofattorini con contratto di lavoro dipendente, secondo un modello aziendale (Scoober) adattabile ai singoli contesti nazionali.

Con il classico modello della subordinazione (articolo 2094 del Codice civile) il lavoratore guadagna in sicurezza (è prevista anche la consegna dei mezzi e degli strumenti di lavoro come casco, giacca e zaino) ma forse perde in libertà: si tratterà infatti di comprendere se il rider, una volta assunto lo status di subordinato, continuerà a essere libero di accettare o meno la chiamata, ovvero se, in quanto sottoposto al potere direttivo del datore di lavoro, perderà questa prerogativa, che non a caso la sentenza n. 1663/2020 della Cassazione ha valorizzato in termini di “autonomia” nella fase genetica del rapporto. Non manca, peraltro, chi sottolinea che la libertà del rider “autonomo” è solo virtuale, sottoposto com'è a rigidi dispositivi di classificazione in base alle chiamate e alle disponibilità rese, onde il rifiuto reiterato della chiamata equivale di fatto a una marginalizzazione nel mercato della piattaforma. Quanto alla retribuzione, la qualificazione come subordinato consentirà al rider di ottenere una paga oraria in relazione al turno svolto, svincolandosi dal cottimo, ma la piattaforma potrà comunque stimolare la produttività con l'introduzione di un bonus in relazione alle consegne effettuate.

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