Contrattazione

Contratti a termine meno rigidi grazie ai patti di prossimità

di Giuseppe Bulgarini d’Elci

La pandemia ha aggredito il mercato del lavoro, bloccando le abituali dinamiche in entrata e uscita con le quali le imprese gestiscono il fabbisogno di personale. In uscita il blocco dei licenziamenti ha prodotto una paralisi sui contratti stabili, i cui effetti sono ricaduti sui rapporti di lavoro a tempo. I dati Istat di febbraio 2021 ci restituiscono una realtà in cui, a fronte di 444mila posti di lavoro perduti nel 2020, 393mila sono contratti a termine non rinnovati. Un fenomeno speculare si è avuto in entrata, atteso che l’85% delle nuove assunzioni risulta avvenuta attraverso il contratto a termine.

In un sistema produttivo dominato da un’incertezza inimmaginabile prima della pandemia, dove a settori in forte crisi si contrappongono aree in espansione, uno strumento al quale le imprese hanno attinto sono i contratti a termine. Il Governo ha dimostrato consapevolezza di questo fenomeno ed è intervenuto a più riprese, nell’ambito dei decreti emergenziali di contrasto alla pandemia, sulle regole che disciplinano questa tipologia.

In deroga ai divieti di legge, sono stati ammessi il rinnovo o la proroga dei contratti a termine (compresa la somministrazione) nelle unità produttive interessate da sospensione/riduzione delle attività con utilizzo della Cassa Covid e il superamento del vincolo di “stop&go”.

È stato, quindi, sospeso il necessario riferimento alle causali introdotte dal Dl 87/2018 per la proroga e il rinnovo dei contratti a tempo determinato, con il doppio limite di una sola volta e per massimo di 12 mesi. La deroga, inizialmente fissata al 31 agosto 2020 (Dl 34/2020) è stata dapprima spostata al 31 dicembre 2020 (Dl 104/2020) ed è oggi approdata al 31 marzo 2021 (legge 178/2020). È vero che, per effetto di interpretazioni ministeriali, è prevalsa la tesi che entro la data finale vanno firmati il rinnovo o la proroga, mentre la durata del rapporto a termine è spostata in avanti. Questo è un segnale positivo, ma si tratta di una sola proroga o rinnovo, di cui molte imprese hanno già fruito prima del dicembre 2020.

Senza dover rincorrere le misure emergenziali, per scongiurare l’effetto “turn over” le imprese hanno un collaudato strumento contrattuale a disposizione, che consente di superare le rigidità del sistema adattando la disciplina sui contratti a tempo alle effettive esigenze aziendali. L’accordo di prossimità, che le imprese più avvedute hanno già sperimentato dopo le modifiche del Dl 87/2018 all’impianto più flessibile dei contratti a termine recepito dal Jobs Act, consente di superare il ricorso alle causali e il limite delle quattro proroghe.

Le imprese possono, ad esempio, concordare con la parte sindacale 24 mesi di utilizzo libero del contratto a termine (inclusa la somministrazione), aumentando anche la quota percentuale di lavoratori temporanei rispetto ai lavoratori stabili, a fronte di un impegno alla stabilizzazione di un percentuale di lavoratori. Caso tipico di questa fase pandemica è quello delle imprese che hanno (in parte) riconvertito la produzione attivando nuove linee sui dispositivi di protezione (mascherine, respiratori, eccetera). In questo ambito, l’orizzonte temporale sui maggiori livelli di fornitura è certamente brevissimo e passa attraverso periodici aggiornamenti, che impongono contratti di breve durata. Il ricorso a un numero più ampio di proroghe o a rinnovi senza la scure della causale costituisce un “plus” essenziale.

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