Contrattazione

Donne e under 45 risalgono (lenti) nella maratona dei ceo

di Cristina Casadei

C’è uno spazio crescente che stanno conquistando i manager under 45 e le donne al vertice delle società quotate. Tanto nel nostro paese, quanto all’estero. «In Italia ci sorprende il numero di manager che riesce a diventare ceo prima dei 45 anni – dice Niccolò Calabresi, managing director della società di executive search Heidrick & Struggles Italia e ora anche Spagna e Portogallo -. Supera le aspettative raggiungendo quota 25%, sopra di tre punti percentuali rispetto alla media internazionale. Pur non raggiungendo l’eccellenza del Belgio con il 48% di giovani manager ceo, il risultato italiano non è lontano dai paesi guida del continente ed è frutto di un cambio generazionale che investe soprattutto i ruoli più esposti alla fluidità del contesto di mercato tra quelli di guida delle aziende. Sono infatti più di 50 i giovani top manager del Ftse Mib che hanno meno di 45 anni, si va dai ceo di Exor e Snam, John Elkann e Marco Alverà, al cfo di Unicredit Stefano Porro fino alla più giovane del listino, ossia Enrica Marra, chief risk officer di Atlantia che ha 34 anni». Il ricambio generazionale ha portato alcuni giovani manager a ricoprire posizioni molto importanti e ad abbassare l’età media. In Italia per i ceo è intorno ai 58 anni, vicina al dato planetario che è 56 anni, secondo quanto è emerso dalla classifica Route To The Top del 2020 di Heidrick & Struggles che dà una visione dei profili di 965 ceo di aziende quotate a livello globale. Così per l’Australia sono state prese le società dell’ASX 100, per la Cina del SSE (top 100), per la Francia del SBF 120, per la Germania del DAX e dell’MDAX, per l’Italia del FTSE Mib, per il Regno Unito del FTSE 100 e per gli Stati Uniti del Fortune 100, solo per citare alcuni paesi. «Molte società nel 2020 hanno privilegiato percorsi interni nella scelta dei vertici: la pandemia ha indotto ad un atteggiamento più prudente, riducendo il numero di nuove nomine e privilegiando, quando si è cambiato, candidati in continuità», spiega Calabresi.

Il bacino da cui si sceglie il chief executive officer è quello di funzioni come il chief financial officer o il direttore generale. Secondo Route to the top questo è vero per il 17% dei Cfo e per il 18% dei Coo. La pandemia non ha rallentato questo fenomeno, anche se ha compresso il numero di cambi ai vertici in questo anno di transizione. I direttori finanziari eletti ceo da marzo 2020 sono a livello globale addirittura cresciuti raggiungendo quota 27%, proprio come i Coo. Guardando alle quote rosa del management italiano, i segnali sono sempre insufficienti ma in leggero miglioramento: le posizione manageriali apicali delle società quotate hanno una rappresentanza femminile al 14%, di cui il 18% under 45. In Italia è in crescita anche il numero di nuovi ceo che hanno avuto esperienze all’estero (43% verso il 36% globale) e che hanno ricoperto ruoli di governo in industrie diverse: il 23% contro il 17%. A fare della ecletticità un requisito fondamentale per la selezione dei vertici sono principalmente le aziende che operano nel campo della tecnologia, dove il 26% dei nuovi ceo ha lavorato in industrie differenti, e quelle sanitarie che registrano il più alto numero di ceo con esperienze internazionali (52%). Salendo ai vertici, pur con numeri ancora contenuti, la quota di donne italiane ceo è del 5% proprio come la media del resto del mondo, fatta eccezione per l’Irlanda che raggiunge il 15% (si veda altro articolo in pagina).

Guardando al futuro, il primo banco di prova che ci dirà se tra i visionari che servono oggi nelle aziende ci sarà anche una quota crescente di manager under 45 e donne è di qui a breve, con le centinaia di nomine che interesseranno un nutrito gruppo di società, anche a partecipazione pubblica, «da Cdp a Invimit, Ferrovie dello Stato, Anas, Rai, Ferrari, Telecom, Fibercop, Accessco, Invitalia, Saipem, Enel green power - elenca Calabresi -. Ci aspettiamo cambiamenti importanti nelle nomine per i vertici e i consiglieri di amministrazione. È questo il momento dei manager che dovranno gestire investimenti e trasformazioni senza precedenti. Il presidente del Consiglio Mario Draghi sembra favorevole all’adozione, nel pubblico, di un percorso simile a quello che si fa nel privato, nel momento di nominare i vertici e cioè con il coinvolgimento dei cacciatori di teste». Una scelta normale per il corrispondente di Niccolò Calabresi nel Regno Unito che ha un’agenda equamente ripartita tra appointments per l’ambito pubblico e per quello privato. Non così normale in Italia. Come dice l’head hunter «vedremo che nomi verranno proposti, ma non sarà certo facile mettere d’accordo tutti. Stiamo attraversando un periodo complicato».

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