Contrattazione

Questione di genere? No, di tempo

Questione di genere o questione di tempo? Sempre più la seconda. Quando parliamo di chief executive officer, al netto di progetti, strategie, piani e risultati, uno dei temi che si affaccerà, in prospettiva, è quello del genere. Per la società di head hunting Heidrick & Struggles «in Italia c’è una percentuale bassa di ceo donne che però risulta in linea con la media internazionale come emerge dal rapporto Route to the top 2020. Parliamo del 5% di ceo donne, quota in linea con quella che mediamente viene rilevata a livello internazionale».

Il managing director della società per l’Italia, Niccolò Calabresi, dice: «Personalmente mi aspettavo una quota più alta. C’è però uno spazio crescente che le donne si stanno conquistando in alcune funzioni come per esempio la comunicazione o le risorse umane. Sono percorsi su cui bisogna lavorare perché non sempre è da questi bacini che vengono scelti i capi azienda». Il bacino dove si scelgono i manager che arriveranno al vertice è infatti più quello del cfo o del coo. Oltre a quello degli stessi ceo.

Nei percorsi non si può poi trascurare il fatto che «il ceo a sua volta cresce nelle funzioni che ritiene strategiche le persone a cui poi farà fare lo step up – interpreta Calabresi -. Il bacino degli n-1, ossia i primi riporti, le posizioni chiave, è più popolato da uomini. Scendendo aumenta la quota di donne. Ma è una questione di tempo. Oggi possiamo dire che le società quotate del Ftse Mib stiano affrontando il tema. Certamente va detto anche che il Ftse Mib è una nicchia. Il nostro tessuto economico, però, è fatto per lo più di piccole, medie e grandi imprese dove questo percorso non è stato fatto in modo così strutturale. Ma il tema è un tema da una decina di anni. Se prendiamo l’industria manifatturiera, 15 anni fa era difficilissimo trovare donne in posizioni apicali. È solo negli ultimi 10 anni che abbiamo visto le donne affermarsi».

I cacciatori di teste rappresentano un osservatorio particolare che ha visibilità sui profili più alti dove però si vedono percentuali crescenti di candidate donne. Oggi le short list che, in genere, si compongono di 6 profili che vengono ritenuti ideali, sono equamente composte. Sulle retribuzioni la visibilità della società di head hunting è sempre su una nicchia di grandi società dove c’è molta attenzione all’allineamento delle retribuzioni rispetto ai ruoli ricoperti. Da questo punto di vista la funzione delle risorse umane ha un ruolo chiave nel costruire il bacino da cui poi potrebbero anche essere scelte le figure apicali. Le donne crescono nel settore finanziario (6%) ma anche nell’industria (5%) dove lentamente raggiungono la media generale.

Come dice Calabresi, però, «il compito dell’head hunter è quello di indicare le persone giuste, inserite all’interno del network giusto, spiegando perché si arriva a quelle persone, selezionate attraverso un processo trasparente».

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